Pedopornografia, l'insospettabile vita dell'impiegato che diffondeva video indescrivibili

Arrestato un 33enne di Sesto San Giovanni: ha condiviso 10mila file, indagine partita dalla Nuova Zelanda

L'uomo deteneva migliaia di immagini e video indescrivibili

L'uomo deteneva migliaia di immagini e video indescrivibili

Sesto San Giovanni (Milano) - Sul suo profilo Facebook compaiono foto di momenti romantici con la compagna, gite al mare con gli amici e coccole con il suo cane, oltre a link che invitano a fare soldi con i bitcoin. Nel suo curriculum la qualifica di "responsabile della produzione" in una ditta metalmeccanica dell’hinterland milanese, alle spalle problemi con la giustizia che fino a ieri si sono limitati a due denunce per uso di sostanze stupefacenti e guida in stato d’ebbrezza.

Alessandro B., 33enne di Sesto San Giovanni, è stato arrestato per la detenzione e la diffusione su internet di una quantità sterminata di materiale pedopornografico, immagini e video dell’orrore, con abusi commessi anche su neonati. Il “cloud“ – spazio di archiviazione di dati online offerto da una società neozelandese sul quale si nascondeva la cartella “Girl15“ accessibile con una password – era diventato il punto di riferimento per una vasta platea internazionale di fruitori del materiale proibito in contatto attraverso una chat.

Le indagini della Polizia postale, coordinate dal pm di Milano Giovanni Tarzia, sono scattate infatti dopo segnalazioni arrivate dalle forze dell’ordine di Nuova Zelanda, Stati Uniti e Canada. Alessandro B., secondo le accuse, avrebbe partecipato ad un "gruppo telematico finalizzato alla condivisione di immagini e filmati pedopornografici" e avrebbe "posto una ingente quantità di materiale" a "disposizione di un numero indeterminato di persone, tramite la condivisione" di un link ad una cartella presente su un suo cloud". Dall’ordinanza di custodia in carcere, firmata dal gip Guido Salvini, è emerso che l’uomo deteneva oltre 10mila file con immagini e video indescrivibili e che il collegamento al suo cloud veniva "utilizzato da più di mille persone di cui seicento residenti in Italia".

Per il giudice, come si legge nel provvedimento, "il consumo di materiale pedopornografico", che poi metteva a disposizione di altri pedofili della rete, era diventato per il 33enne di Sesto San Giovanni "una allarmante dipendenza". L’inchiesta, si legge nel provvedimento, "ha tratto origine dalla segnalazione effettuata dall’organo statunitense Ncmec CyberTipline il quale riferiva al Servizio centrale della Polizia postale italiana di aver ricevuto, dalla società Google, la comunicazione che un loro utente" aveva "caricato sul loro servizio di archiviazione 254 immagini di carattere pedopornografico".

E così a carico dell’uomo veniva eseguito un primo decreto di perquisizione a giugno dell’anno scorso. Negli atti si legge che "si è giunti all’identificazione dell’indagato grazie all’attività investigativa Operation Heketera svolta dagli Affari Interni della Nuova Zelanda sul servizio di cloud Mega.Nz" i cui risultati sono stati poi condivisi con l’Agenzia Europol ed il Federal Bureau of Investigation al fine di esaminare le informazioni relative ai singoli utenti nelle rispettive nazioni, tra cui l’Italia, che avevano scaricato materiale" pedopornografico. Alessandro B., evidenzia il gip Salvini, "risulta, dunque, stabilmente inserito in un circuito finalizzato alla diffusione di materiale pedopornografico e in tale contesto non ha assunto la veste di passivo fruitore, ma ha lui stesso incrementato il circuito". Ancora una volta è emerso il profilo di un insospettabile, integrato nelle società e con un lavoro stabile, come spesso accade nei casi di pedofilia online.

 

 

 

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