
Passione da coltivare Il Parco Nord lancia il progetto sociale: gli orti sono di tutti
di Laura Lana
Alle 9,30 ha già la canna dell’acqua in mano. "Con il caldo e il vento di ieri rischia di bruciarsi tutto". Tra fagiolini, zucchine in fiore e ogni altra abbondanza della terra, Gaetano Vorello coltiva nell’area di via Baracca da 34 anni. È lui l’ortista più anziano per gli anni passati con gli attrezzi in mano. "C’era ancora la Fondazione Ca’ Granda che assegnava gli appezzamenti. Degli storici siamo rimasti in cinque – racconta –. Ancora per un anno riuscirò a prendermi cura di questo spazio: ne ho 82 e la terra è bassa". Ha una fasciatura alla mano, ma il "lavoro" chiama lo stesso. "Mi piace, passo il tempo. Sono arrivato dalla Calabria che non avevo neanche 20 anni. Ho iniziato come custode in un condominio a Bresso e poi sono andato alla Breda Ansaldo. Questa è una passione: alla fine è più la roba che regalo di quella che porto a mia moglie". Fino a qualche anno fa gli orti erano concessi dalla Fondazione dell’ospedale. Oggi fanno parte del Parco Nord e del progetto sociale Orticà: un’orticoltura comunitaria, dove si coltiva tutti assieme, senza parcella personale e l’associazione Fermenta crea eventi e laboratori legati a cibo, benessere, ambiente. Ieri, per il Festival della Biodiversità, nelle parti comuni si facevano l’uncinetto e gli incensi naturali.
"La convivenza è da rodare. Prima avevamo la rete per delimitare gli appezzamenti. Ora no ed è un problema", spiega Salvatore Marino, ortista da 15 anni, che sta creando un gabbione stile serra per proteggere le essenze più piccole. "Entrano i conigli e si mangiano le piantine. I fagioli, ad esempio, ci mettono tanto a venire su e si rischia di compromettere la coltivazione. Poi entra molta gente, anche per attività che non hanno a che fare con gli orti: fanno yoga, usano arredi e attrezzature che poi dobbiamo riordinare il giorno dopo". Salvatore ha piantato broccoletti, verze, cavolfiore bianco e romanesco su quasi 400 metri. "Siamo in tre: io, mio genero e mio nipote". Antonio Massaro è qui da 15 anni e si diletta con i generi su 220 metri quadri. "Ma a zappare sono io – scherza –. Da ragazzo ho iniziato a lavorare così, poi non rendeva e sono entrato nel trasporto pubblico. Nel 2007 sono andato in pensione e l’ho ripreso come hobby, ma alla fine lavoro più di prima. Porto il raccolto a casa e facciamo l’adunata. Tra tutti siamo in 12: la tavola dei 12 apostoli".