San Babila, il ritorno dei paninari: "Piumini e jeans, noi portiamo colore"

Milano, la reunion partita dai gruppi social

Paninari

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Milano, 19 maggio 2019 - «Ci vediamo all’angolo di piazza San Babila». «All’angolo quale?». Sia benedetto il cellulare, se può aiutare a trovare la compagnia dispersa. Perché tra il cantiere M4, la celebre scalinata di corso Vittorio Emanuele inglobata dentro un negozio, il muretto di largo corsia dei servi coperto dalle rastrelliere per le bici, gli storici locali che non esistono più, i paninari hanno perso i loro punti di riferimento. Ma nessun problema, «vediamoci alla fontana di piazza San Babila». Impossibile sbagliare. Ed eccola, la comitiva coi Moncler fluorescenti, le giacche Schott o Avirex, i bomber, le inconfondibili fibbie El Charro, le scarpe Timberland (con sotto le calze Burlington), i Ray-Ban originali e le cartelle Naj-Oleari sventolate dalle donne, per il raduno dei paninari che ieri ha richiamato una quarantina di persone da svariate città italiane e pure dalla Svizzera.

Ben vengano i cellulari, quindi, ma anche Facebook se aiuta a far unire gli ex ragazzi degli anni Ottanta, «galli, sfitinzie e preppy» oggi quarantenni e cinquantenni, che hanno dato vita al movimento tutto milanese diffusosi poi nel resto d’Italia e nel Canton Ticino. L’incontro di ieri è stato lanciato dalle compagnie virtuali “Paninari supergruppo” di Gianluca Mura e “Paninari stile di vita” di Andrea Marzolla. Ma il virtuale è il punto di partenza: si punta a guardarsi negli occhi, a parlare con il proprio slang, a sfoggiare capi di abbigliamento rari. «Perché la compagnia è questo, al di là dei vestiti e degli accessori: è stare insieme», sottolinea Gianluca Mura, per gli amici “lone wolf”, lupo solitario, milanese, fidanzato con Debora Falcone, “debbie debbie”. «Di pagine Facebook - aggiunge - ce ne sono altre due»E se i luoghi di allora sono scomparsi («ci ritrovavamo al muretto oppure al Burghy e poi ogni compagnia andava nel ‘suo’ locale, come l’Anyway di corso Europa o il Rose’s Club di San Babila»), loro, i paninari, sono sempre gli stessi.

«Non è una rievocazione nostalgica: non abbiamo mai smesso di essere paninari», evidenzia Emiliano Vailati detto “il vailo”, che vive vicino Crema. «Di noi si dice che siamo animati dal consumismo, dalla voglia di ostentare. Invece no: ci distinguiamo dalla massa, portiamo il colore». Che non ci sia conformismo lo mostra pure Andrea Cattozzo, di Genova, che ha disegnato sui jeans il viso di Paperino con l’Uniposca. Su vestiti e accessori griffati c’è da aprire un capitolo: «Non tutti avevano i sapiens, i genitori col fodero, cioè col portafoglio, che pagavano. Moltissimi lavoravano duro per potersi permettere i vestiti». Ancora, «il paninaro è 1.0 – continua Massimo Bertolotti –. Noi siamo sempre noi». Il lupo solitario ha creato un fanzine (una rivista fai da te) che ha per protagonista l’eroina Panozs, «con licenza di poter utilizzare marchi veri, come El Charro». Erminio Tacca, di Crema, ha lo stesso sponsor per la sua squadra di basket Bees. Demis Denti lavora come dj specializzato in musica anni Ottanta. E ci sono “piccoli paninari” in erba: Alberto Fontanini, imprenditore milanese, svela: «Mio figlio mi chiede se da grande potrà essere paninaro».

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