GIAMBATTISTA ANASTASIO
Cronaca

Ora la Regione può diventare centrale

Il Pirellone può rispondere al bisogno di fondi provocato dalla nuova strategia di via Festa del Perdono

di Giambattista Anastasio

Sono tre le chiavi utili per comprendere perché sono cambiati i piani su Città Studi. Il primo coincide con l’avvicendamento al vertice dell’Università Statale. Elio Franzini, l’attuale rettore, ha vinto la corsa per la successione a Gianluca Vago, suo predecessore, anche perché ha da subito proposto e sposato una visione diversa del nuovo campus sull’area Expo, oggi Mind (Milano Innovation District). Per Franzini tale campus deve essere uno dei tre poli dell’ecosistema della Statale, accanto alla sede centrale di via Festa del Perdono e alle sedi di Città Studi. Da qui la scelta di dismettere meno spazi e meno edifici di quanti ne volesse dismettere Vago, che invece ha sempre dato centralità al progetto del campus sull’area Expo, e di rilanciare Città Studi con un progetto scientifico degno di essere definito tale.

Il secondo motivo del cambiamento di programma è, in buona parte, una ovvia conseguenza del primo: tra la Statale, gli allora altri due atenei coinvolti dal piano del 2017 (il Politecnico di Milano e la Bicocca) e l’Agenzia del Demanio non si è trovato un accordo per tutti soddisfacente sul riutilizzo degli spazi e degli edifici in predicato di essere dismessi. A tal proposito qualcuno fa presente a mezza bocca anche la rivalità che da sempre opporrebbe, a Città Studi, la Statale e il Politecnico. Causa o conseguenza di questo cambio di strategia è – terza chiave di lettura – la nuova centralità che può assumere la Regione Lombardia e il Governo nella doppia partita del campus nel Mind e del ripensamento di Città Studi, dove finora era stato il Comune a fare da regista e ad accentrare la comunicazione. Tre i dati di fatto da mettere in fila: il nuovo progetto non ha ancora un piano finanziario definito. Se ne stima il costo in 170 milioni di euro ma lo stesso Franzini ha fatto sapere che servono partner e che sarebbe auspicabile chiudere eventuali partnership entro 2-3 anni. I partner possibili quanto a istituzioni sono, per ovvie ragioni di dotazioni finanziarie, la Regione e il Governo, anche attraverso i soldi che arriveranno dal Recovery Fund.

Secondo: proprio la Regione, appena giovedì, ha organizzato un incontro pubblico con i rettori lombardi nel quale ha voluto sottolineare i fondi stanziati per le università nell’ultimo triennio e rilanciare l’impegno per gli atenei lombardi. E ieri Franzini, nel corso della conferenza stampa in Aula Magna, non ha dimenticato di tornare a ringraziare la Regione per questo e per il contributo al campus nel Mind. In generale la linea comunicativa della Regione sarà, da qui in avanti, quella di mettere in evidenza ciò che viene progettato o realizzato attraverso fondi propri della Regione o attraverso la destinazione che la Regione decide di dare a risorse trasferite dallo Stato. Una linea che vale a maggior ragione a Milano, in vista delle prossime elezioni comunali, ma che vale per tutta la Lombardia. Terzo dato di fatto: il rettore, durante la conferenza stampa di ieri in Aula Magna, ha detto chiaramente che lo strumento dell’Accordo di programma, lanciato a fine 2017 dal Comune, non basta, che serve di più. Meglio, quindi, dirottare su un Protocollo di Intesa. Perché? Perché questo strumento facilita più dell’altro l’arrivo di fondi pubblici.