MARIO CONSANI
Cronaca

La stagione dei sabotaggi terroristici, un operaio la prima vittima dei Mar

Il rogo nel deposito della Pirelli alla Bicocca il 7 gennaio del ’71, Gianfranco Carminati restò ustionato da una vampata

Anni Settanta, le indagini sull’incendio furono affidate a Ferdinando Pomarici

Milano - ​Fu un gesto istintivo. Ma a quel giovane operaio venne naturale dare una mano ai vigili del fuoco che stavano spegnendo l’incendio nel deposito di pneumatici nel quale lavorava tutti i giorni. Ma così il ragazzo rimase ustionato gravemente da una vampata, finì in ospedale e nel giro di un mese morì. Si chiamava Gianfranco Carminati, aveva solo trent’anni ed è stato, probabilmente, il primo morto in seguito ad un episodio terroristico avvenuto in città.

È una vicenda lontanissima, sconosciuta ai più, quella che accadde il 7 gennaio 1971, ben 51 anni fa, nel deposito della Pirelli Bicocca in viale Sarca 186. Il fuoco dentro l’enorme capannone pieno di gomme non fu un evento accidentale ma un vero e proprio atto di sabotaggio. Quasi certamente messo a segno, diranno le indagini solo 25 anni dopo, dal Mar, il Movimento armato rivoluzionario guidato da Carlo Fumagallli, schierato su posizioni rigidamente filo-atlantiche, anticomunista estremo e a favore di una svolta presidenzialista per dare all’Italia un governo forte.

Era l’inizio di un periodo terribile anche per Milano. Appena un anno prima, a dicembre ’69, la strage di piazza Fontana con i suoi morti e lo choc dell’intera città. Subito dopo, nel ’70, i primi passi delle nascenti Brigate rosse, i primi volantini nelle fabbriche a cominciare proprio dalla Pirelli e dalla Sit-Siemens ma anche, appena un mese prima di quell’incendio, a Roma il mancato colpo di stato del comandante nero Junio Valerio Borghese, a cui il Mar non era estraneo. Dopo la bomba nella Banca dell’Agricoltura, che diede il via alla stagione del sangue, Carminati fu la prima vittima di quegli anni di piombo che seguirono.

Le indagini sull’incendio vennero affidate al pm Ferdinando Pomarici. La perizia escluse cause accidentali come un corto circuito, il fuoco era stato appiccato: ma da chi e perché? Tre settimane dopo, otto ordigni vennero fatti esplodere sulla pista prove sempre della Pirelli a Lainate. Ma le Brigate Rosse, in quel caso, fecero trovare un biglietto con la loro firma. E in viale Sarca, allora, perché no se erano state loro?

Quel gesto di sabotaggio, con la tragica fine di Carminati, resterà un mistero fino all’inizio degli anni ’90, quando il giudice Guido Salvini, indagando sulle azioni eversive della destra milanese di vent’anni prima, raccolse la testimonianza del terrorista nero Vincenzo Vinciguerra, autore (mai pentito) dell’attentato di Peteano in Friuli nel ’72, che attribuì l’attentato di viale Sarca proprio al Mar di Fumagalli: l’intenzione era stata far sì che la responsabilità del gesto ricadesse sui gruppi di estrema sinistra. Poi il giornalista Giorgio Zicari collaboratore del Sid, il servizio segreto militare, riferì che il braccio destro di Fumagalli, Gaetano Orlando, gli aveva confermato la ricostruzione. E infine, un appunto in cui si attribuiva l’attentato di viale Sarca al Mar, il giudice Salvini trovò anche nel fascicolo (del vecchio Sid) intestato “Orlando“ presso il Sismi, il nuovo servizio segreto militare.