Omicidio di Melzo, crolla il castello di bugie della figlia: "Non ce la facevo più"

L’84enne fatta pezzi nella vasca: fermata la figlia Rosangela Fabbiano. Un marito invalido, due figli e il segreto tenuto per un mese e mezzo

Il complesso di Mediglia dove vive Rosangela Fabbiano

Il complesso di Mediglia dove vive Rosangela Fabbiano

Melzo (Milano), 28 maggio 2022 -  Ha custodito il suo orribile segreto per oltre un mese e mezzo. Ogni mattina è uscita di casa, dalla sua villetta di Mombretto di Mediglia, per recarsi sul posto di lavoro, una maglieria artigianale dove era operaia. In casa con lei il marito invalido. Oramai indipendenti due figli adulti. Per sei settimane il tran tran di ogni giorno. Ma il buio nella mente. Perché per gli inquirenti, che hanno sciolto ufficialmente il giallo di Melzo in meno di una giornata, ma probabilmente avevano capito già dai primi istanti, è proprio lei, Rosangela Fabbiano, Rosa per tutti, 58 anni, "la sorella bionda", una delle tre figlie di Lucia Cipriano, l’assassina dell’anziana madre fermata ieri notte per omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere.

Sarebbe stata lei a uccidere l’ottantaquattrenne, nell’appartamento di lei, in via Boves, a Melzo. Ancora lei, dopo il delitto, avrebbe infierito sul cadavere sezionandolo. E poi lo avrebbe lasciato nella vasca da bagno, coperto con un telo di cellophane assicurato ai bordi con del nastro adesivo usato per soffocarla. Un mese di menzogne per tenere in piedi il folle castello: la madre, da qualche tempo affetta da demenza, portata via dal suo appartamento, e custodita a Mombretto. Bugie alle sorelle. Bugie alle amiche e conoscenti di Lucia Cipriano, quelle del centro polivalente anziani di Melzo, che con qualche telefonata avevano chiesto notizie: "Sta bene. Non cercatela più".

Bugie su bugie alla vicina del piano di sopra, Valerica Bordas, che sentiva quel forte odore "di cane morto" per le scale, e che il 12 aprile scorso aveva chiesto il numero di telefono della figlia "bionda", per segnalare del fumo dall’appartamento di Lucia. Rosa era andata sul posto, era rimasta a lungo nella casa della madre, e poi aveva ricontattato telefonicamente la vicina, per tranquillizzarla: "Era del fumo dall’impianto elettrico della lavatrice. Grazie per avermi avvisata". Il castello è crollato l’altra mattina, quando Rosa si è trovata faccia a faccia con la sorella Loredana, giunta da Trento a verificare le condizioni della mamma. La porta del bagno chiusa, Loredana che fa per aprirla, Rosa che gelida e calma la ferma. "Non sapevo perché - avrebbe raccontato Loredana agli inquirenti - ma da quell’istante ho temuto per la mia incolumità".

Poi la terribile sequenza prima dell’apertura di quella porta: il caffè offerto da Loredana alla sorella, "così mi spieghi tutto", quelle tremende parole di Rosa, "non ce la facevo più", la sorella e figlia assassina che si allontana e cerca la fuga nei campi, l’arrivo dei carabinieri. La porta è aperta, la morte svelata. E con Melzo c’è un altro Comune, da ieri, incredulo. "Lascia esterrefatti l’efferatezza di questo delitto - così il sindaco di Mediglia, Giovanni Fabiano - . Dopo due anni di pandemia, ci si aspetterebbe un rafforzamento dei legami di famiglia. Qui è accaduto l’opposto".

 

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