Nuova sanità territoriale C’è un cantiere virtuale per mettere in rete le Case di comunità

In costruzione una piattaforma informatica unica per la Lombardia. Nelle 10 Cdc aperte a Milano (su 24 previste) lavorano 47 infermieri. Il direttore di Ats: "È un cambio di paradigma, non c’è un interruttore"

Migration

di Giulia Bonezzi

Non bastano i muri e nemmeno, da soli, i professionisti sanitari oggi così difficili da reperire, per fare le Case di comunità (Cdc), architrave della nuova sanità territoriale disegnata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): la Regione ha aperto anche un cantiere, non edile, per costruire un sistema informatico che metta in rete le oltre duecento Cdc previste in Lombardia, insieme a una settantina di Ospedali di comunità (Odc) e un centinaio di Cot (Centrali operative territoriali). L’ha spiegato ieri Walter Bergamaschi, direttore generale dell’Ats di Milano, illustrando lo stato dell’arte alla commissione Welfare del Comune di Milano: "Un sistema di gestione digitale del territorio che permetta anche di sviluppare quei servizi che non possono basarsi sui sistemi tradizionali", cartacei ma anche informatici se non comunicano tra loro. La piattaforma, ha aggiunto il dg, sarà utilizzata anche dalle Cot (Centrali operative territoriali) per gestire le dimissioni "protette" dagli ospedali in strutture di cure intermedie o Rsa; intanto ha debuttato in nuce a fine estate, in tutta la Lombardia 342 operatori sono stati formati a usarla ed è sperimentata per seguire 1.914 pazienti lombardi in alcune Cdc, anche di Milano, dagli infermieri di famiglia e comunità (Ifec). Ad esempio per prenotare visite ed esami ai malati cronici e registrare i loro "progetti di assistenza individuale", che in futuro dovrebbero integrarsi coi servizi sociali.

L’assessore comunale al Welfare Lamberto Bertolè rimarca la necessità di "accelerare" nell’attuazione della nuova sanità territoriale, cominciata un anno fa e che comunque ha già visto, spiega Bergamaschi, l’"attivazione" di dieci Case di comunità su 24 previste a Milano città (il Pnrr ne finanzia solo 21; le altre tre, da tirar su ex novo in via Salomone, via dei Missaglia e al posto di un padiglione del Golgi-Redaelli, s’è impegnata a pagarle la Regione, così come due Ospedali di comunità in piazzale Accursio e in viale Jenner oltre ai sei finanziati coi fondi europei). In linea col programma di aprirne il 40% nel 2022. Ci lavorano in tutto 47 infermieri di comunità (figure che praticamente non esistevano, prima, sul territorio) e 21 medici di base coi loro studi, più di metà arrivati con la Cdc. Sul fronte edilizio (quello finanziato dal Pnrr) le tre Asst da cui dipendono le Case di Milano "entro marzo completeranno la progettazione preliminare", e ancor prima dovrebbe essere perfezionata la cessione delle strutture concesse dal Comune.

Ma in alcune Cdc i nuovi servizi sono partiti prima dei cantieri: "Questo nuovo modello assistenziale rappresenta una rivoluzione copernicana - chiarisce Bergamaschi -, non può avvenire spingendo un interruttore". È un cambiamento anche culturale per professionisti che "dovranno superare la logica della prestazione" e lavorare "a partire dai bisogni dei pazienti cronici, costruendo un progetto individuale di assistenza anche sociosanitaria e spesso sociale". Vale anche per gli specialisti ambulatoriali che già operavano nelle prime dieci Cdc, tutte strutture sanitarie pre-esistenti e quasi tutte poliambulatori, diverse trasformate in Case solo da dicembre 2022 e non tutte ufficialmente inaugurate perché, sottolinea Bergamaschi, "l’attivazione dei servizi è inevitabilmente graduale e progressiva".

Ma tutte sono aperte dal lunedì al sabato mattina, hanno da 3 a 5 infermieri di comunità ciascuna, un Pua (Punto unico d’accesso, per l’orientamento e una prima valutazione delle necessità di chi si presenta), uno sportello Scelta e revoca spesso integrato col Cup, oltre ai servizi sanitari già esistenti e in alcuni casi nuovi. Ad esempio 1.430 residenti del Municipio 9 sono assistiti con progetti individuali nelle due Cdc dell’Asst Niguarda, soprattutto a Villa Marelli, partita a febbraio 2022 (mentre è attiva solo da dicembre la Casa creata nel poliambulatorio di via Livigno, soluzione-ponte in attesa della realizzazione di Cdc e Odc in viale Jenner); è "la più avanzata", con 16 infermieri di comunità, 5 medici di base oltre agli specialisti, l’ambulatorio di continuità assistenziale (guardia medica, c’è in altre Case già aperte), un centro vaccinale e la Centrale operativa territoriale (Cot). Cot in attivazione anche alla CdC di via Masaniello a Baggio, la prima aperta dall’Asst dei Santi competente sui Municipi 6 e 7: altra soluzione ponte, in attesa di una costruzione in via Valsesia, ma dotata anche di servizi per la fragilità e ambulatori per iniezioni, vaccinazioni e per lesioni difficili. Quest’ultimo si trova anche alla Cdc aperta nel già consultorio di via Monreale, che ha un programma di educazione collettiva alla salute per le scuole e ha avuto quasi 200 accessi a servizi come il pap test (anche ad accesso diretto) e le visite ginecologiche.

Il resto di Milano cade sotto l’Asst Fatebenefratelli-Sacco, cui appartiene da meno di un mese (era dell’Asst Nord Milano) pure la prima Cdc inaugurata a fine 2021 in via Rugabella, che ora ha guardia medica, un embrione di Cot e due medici di base, e dovrebbe diventare la prima in cui si realizzerà l’"integrazione fisica" coi servizi sociali del Comune, cui è stato destinato il quarto piano. Ats e Comune ci stanno lavorando col Politecnico; in alcuni casi l’integrazione sarà solo "organizzativa", in altri ci sarà la compresenza, come nella Cdc di via Doria, trasformazione recente di quello che fu il più grande poliambulatorio di Milano; il suo Punto unico d’accesso ha fatto 450 accessi in meno di un mese, a testimonianza, sottolinea Bergamaschi, del "grande interesse dei cittadini per i nuovi servizi territoriali". In via Doria non ci sono ancora studi di medici di base, e se qui, forse, è solo questione di tempo, per altre Cdc come quelle di via Don Orione (260 accessi al Pua nel primo mese), via Masaniello e via Monreale il bando lanciato in estate non ha individuato dottori disposti ad aprirvi lo studio. "Lo riproporremo - assicura Bergamaschi - confidando che la creazione di nuovi servizi aumenti l’attrattività".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro