Razzante*
Negli ultimi giorni è salita di tono la polemica sulle difficoltà che le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, potrebbero incontrare nell’adeguarsi alle nuove norme europee in materia di Intelligenza Artificiale (AI). Si teme, infatti, che i costi di questi adempimenti possano pesare sulle loro casse e scoraggiare gli investimenti. Inoltre, si paventa il rischio di una emarginazione delle imprese europee rispetto a quelle americane, cinesi, russe, indiane, che sono soggette a minori divieti. Bisogna, dunque, provare a conciliare gli obblighi di legge con la libertà di mercato e per fare questo è necessario che i governi supportino il mondo imprenditoriale in questi sforzi di allineamento alla trasformazione digitale in corso. Peraltro i segnali che arrivano dal mercato sembrano incoraggianti, sia sul versante della gestione economica delle imprese che dal punto di vista del mondo del lavoro. L’Intelligenza Artificiale promette di rivoluzionare il mondo del lavoro e le aziende italiane ne sono consapevoli. Il 73% delle organizzazioni nazionali crede che l’AI possa aiutare ad aumentare i ricavi. Il 67% prevede di incrementare gli investimenti in queste tecnologie il prossimo anno. A documentarlo è lo studio ‘Enterprise AI Maturity Index 2024’ della società digitale ServiceNow. E’ stato condotto tra oltre duemila società in Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Il dato italiano del 67% dell’incremento degli investimenti posiziona l’Italia all’ultimo posto nell’area Emea che racchiude Europa, Medio Oriente e Africa. Tuttavia, il nostro Paese si posiziona nella top mondiale dell’indice di maturità nel campo dell’AI. Inoltre, il 53% delle imprese italiane prevede di assumere esperti di AI, con il 50% che ha in programma corsi di formazione per i dipendenti.
*Docente di Dirittodell’informazioneall’Università Cattolica
di Milano