"Noi chiusi e le librerie aperte. Negozi di dischi, figli di un dio minore"

Un altro lockdown ha portato l’ennesima batosta dopo un 2020 nero: cultura musicale ignorata

Anche la musica aiuta a superare la sofferenza

Anche la musica aiuta a superare la sofferenza

Milano - Librerie aperte ma negozi di dischi chiusi. L’effetto strano della zona rossa, scattata lunedì a Milano e in tutta la Lombardia, che grazia i venditori di libri ma non quelli di musica. I record store infatti non rientrano nell’allegato 23 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale che tutela dalla "serrata" in vigore molti esercizi commerciali. Per essere precisi ci sono 29 deroghe, non solo alimentari o farmacie ma anche il commercio di beni di prima necessità come computer, fiori, articoli sportivi e, appunto, libri. "Questo elenco non contempla invece i negozi di vinili e cd che purtroppo non sono assimilati a prodotti culturali. Eppure la musica di Bach o di Bob Dylan nutre lo spirito come fa la letteratura" dice Valeria Baldan, anima dello storico “Il Discomane“, dal 1978 sull’Alzaia Naviglio Grande. Una decisione, quella della chiusura, che stride con la naturale rarefazione umana dei negozi in questione "dove non c’è certo la calca. Noi stiamo aperti per accontentare quelle poche persone che amano ancora la musica sul supporto fisico", aggiunge la titolare del Discomane. Alza le spalle a chi le suggerisce di darsi alle vendite online: "I nostri clienti hanno bisogno di vedere l’oggetto prima di acquistarlo, lo devono ascoltare, capire, persino annusare".

L’ennesimo lockdown della musica si aggiunge ad altre chiusure che hanno reso difficilissimo pareggiare i conti nell’ultimo anno: "Siamo rimasti chiusi da marzo a maggio dell’anno scorso e altre chiusure si sono intervallate durante le zone rosse decise a novembre, dicembre e gennaio. Tutti periodi in cui ci sono state molte nuove uscite o ristampe: chi non vedeva l’ora di ascoltarle si è rivolto ai giganti dell’e-commerce che hanno macinato utili mentre noi piccoli accumulavamo perdite. I ristori? Noi non abbiamo visto ancora il becco di un quattrino", afferma Baldan. Per Maurizio Canella, fondatore di Rossetti Records in via Cesare da Sesto, oggi gestito dal figlio Aron, la musica è da tanti anni "figlia di un dio minore": "Il problema ha radici lontane. La cultura musicale è da tempo penalizzata rispetto ad altre forme culturali come i libri a cui è applicata l’aliquota agevolata del 4%, anche se il volume in questione è quello di Chiara Ferragni. Mentre per acquistare un vinile o un cd di geni come Bach, John Coltrane o Frank Zappa si deve applicare l’Iva del 22%. Con la pandemia si è proseguito con lo stesso ragionamento: i negozi di dischi possono rimanere chiusi perché tanto non servono a coltivare l’anima. Invece è proprio la musica, assieme a un buon libro o un film in dvd, che ci aiuta a esorcizzare le sofferenze di questo periodo in cui dobbiamo tutti rinchiuderci in casa", rimarca Canella. Il negozio poi è un punto di ritrovo per il quartiere: "Hanno azzerato un servizio sociale. Da noi la gente, anche chi è anziano e senza nessuno, viene anche per scambiare due battute". Anche per Fabio Bianco, proprietario di Psycho di via Zamenhof, è "illogico" escludere dall’apertura i negozi di dischi discriminandoli rispetto alle librerie. "Ad avvantaggiarsi sono i noti colossi dell’online ma anche alcune grosse catene di librerie ed elettronica che vendono vinili e cd mentre noi siamo costretti a non farlo".

 

 

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