
Movida notturna alle Colonne di San Lorenzo
Milano, 28 maggio 2018 - «Bisogna bere quando si esce: se non è importante bere, che cosa lo è? E poi, come fate a dire: “Bevi responsabilmente?”. Se bevi, bevi». Matteo ha 30 anni e lavora in banca. A Milano vive da qualche anno. È ben vestito. Ha in mano mezzo bicchiere di cocktail, ma non ricorda neppure cosa ci sia dentro. È quasi mezzanotte e si è già scolato due birre, tre “Americani” «e non so quanti altri drink...». Non li conta. Beve più di cinque volte alla settimana e si ubriaca sei volte al mese. Più di una ogni sette giorni. L’ultima, 24 ore prima. «Ma so che lo rifarò».
Colonne di San Lorenzo, ultimo weekend di maggio. «Cos’ho bevuto stasera? Due Long Island, tre Moscow Mule, un Gin Lemon e una birra. Questo è ciò che ricordo», Luca ha 28 anni: ha iniziato a bere all’ora dell’aperitivo. Quando si avvicina al banchetto allestito da “Ala Milano onlus”, associazione che da anni sensibilizza i giovani contro l’abuso di alcol e droghe, chiede di fare l’alcoltest. E non è l’unico. Ai tre operatori domanda: «Ma è lo stesso usato dagli sbirri?». Vuole provarlo perché non l’ha mai fatto e per testare la sua «resistenza all’alcol». «Sono abituato a bere, anche in settimana: non credo di essere così ubriaco». Ma ha 1,5 grammi di alcol nel sangue. Il triplo del limite consentito dalla legge. «Tanti associano il come si sentono al risultato del test, ma non è quasi mai così – spiega Valentina, psicologa e operatrice della onlus –. Per questo è importante fare questa prova». Barbara ha 26 anni e vive nell’hinterland. Si è fatta due drink e due birre: «Se sono stressata bevo di più, perché sono una persona molto ansiosa. Mi piace la birra, tutti i tipi di vino e i cocktail». Prende l’auto quasi sempre. «Perché voglio guidare io: credo di sapere quando sono in grado e quando non lo sono». Barbara acconta agli operatori di bersi una birra appena uscita dal lavoro, tutti i giorni. Il profilo è quello di «una ragazza piuttosto inconsapevole», analizza la psicologa. Il team della sezione “Nigh Life” di Ala onlus considera i tre ragazzi «soggetti a rischio», per frequenza e approccio all’alcol. Condizione che non dipende da età o esperienza. «A ragazzi come loro proviamo a parlare di più – svela Giordano, educatore del gruppo –: non è una seduta di terapia, ma si può scardinare qualcosa». Oltre all’alcoltest gratuito, a un opuscolo informativo e a un preservativo (perché quando si perde l’autocontrollo il rischio di rapporti non protetti aumenta in modo esponenziale), gli operatori offrono ascolto e un percorso che simula l’alterazione visiva causata dall’abuso di alcol o droga. «Chi si avvicina al nostro banchetto si autoseleziona, fa domande, è collaborativo – ammette Paola, l’altra psicologa –. Ma ciò che li attira di più è sicuramente l’etilometro gratuito».
Giulia, che di anni ne ha 23, ha bevuto birra, shot di tequila e cocktail. Quando beve non guida mai. Come Alberto, 21 anni, dieci birre medie buttate giù. La maggioranza dei giovanissimi sceglie di non prendere l’auto per fare serata, al contrario degli adulti che al volante si mettono comunque. «Dai ma scusa? Vuoi che capiti proprio a me?», ride Valentina. Quasi nessuno riconosce i propri limiti. E a sfatare falsi luoghi comuni sono gli operatori. Spiegano che - come invece alcuni credono - una mentina non altererà i risultati dell’etilometro. Bevono per «disinibirsi», «non sentirsi esclusi», per «dimenticare le preoccupazioni», per «cultura», «tirarsi su» ed «essere più socievoli». Più o meno come accade con le droghe. Ecco alcune delle risposte date dai ragazzi agli operatori di “Ala”. Roberto ha 19 anni ed è un aiuto cuoco: «Credo di avere una vita normale, niente al limite. Studio e lavoro». Spesso, ammette, mescola alcol e stupefacenti: «Mi piace sentire i diversi effetti che hanno sul mio corpo e sulla mia mente. Da una parte mi calmano, dall’altra “pompano”. Quando serve». Alla faccia della vita normale.