
Dramma a Massa Carrara
Milano, 5 novembre 2017 - «Quegli zingari mi hanno aggredito, quando sono scappato ho investito mio fratello. Non l’ho fatto apposta». Fra lacrime, singhiozzi e lunghe pause Marco Casonato ha raccontato al gip Alessandro Trinci la sua versione dei fatti del drammatico pomeriggio di mercoledì scorso a Villa Massoni, negando con forza la volontarietà di investire il fratello Piero. «Non volevo ucciderlo, gli volevo bene». Cinque lunghissime ore di interrogatorio interrotte spesso da momenti di commozione dello stesso psichiatra, assistito dall’avvocato Valter Mattarocci.
Rispetto alle prime ore di grande confusione dopo la tragedia pare abbia preso coscienza di quanto accaduto, pur sempre fra momenti di grande depressione e pianto. «Non ho investito Piero di proposito – ha raccontato al giudice – stavo solo scappando dall’aggressione di un gruppi di persone», le stesse cui il fratello aveva affidato alcuni lavori nella tenuta. «Sono partito con l’auto senza sapere di trovarmelo davanti, l’ho investito ma senza volerlo. Non l’ho fatto apposta». Dalle sue parole è emersa anche una diversa ricostruzione dei momenti immediatamente successivi. «Quando mi sono fermato con l’auto sono stato nuovamente aggredito dalle stesse persone. Al che non ci ho capito più nulla, sono ripartito per allontanarmi» sempre con la stessa auto (una Ford Ka) e non col furgoncino indicato in un primo momento come il mezzo coinvolto nella tragedia. Versione che andrà comunque confrontata con quella degli altri testimoni.
Ma nel corso dell’interrogatorio Casonato ha più volte ricordato il fratello in particolare gli anni della gioventù trascorsi a Prato, le confidenze sulle rispettive frequentazioni. «Abbiamo un brutto carattere – ha detto al gip – ma con un equilibrio», accennando anche ad alcuni problemi psichiatrici del fratello, ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Montelupo dopo che gli erano stati sequestrati in casa alcune armi e un paio di parrucche. «Un clamoroso errore» si era difeso al tempo il medico massese, per il quale il fratello «aveva un interesse affettuoso per le sue cure» come emerso nel corso dell’interrogatorio. «Il giorno della tragedia non abbiamo affatto litigato: ero andato lì solo per scattare foto ad alcuni lavori fatti fare da Piero».