Ucciso per rapina a Milano, Samsul era tutto casa e lavoro: "Voleva portare qui la moglie"

I colleghi del Caffè Dante: era un ragazzo d’oro

Samsul Haque Swapan, ucciso a 23 anni

Samsul Haque Swapan, ucciso a 23 anni

Milano, 28 aprile 2018 - Samsul Haque Swapan, 23 anni compiuti il 28 marzo, di Dacca, lavorava come lavapiatti e aiuto cuoco nel Caffè Dante. Da una parte vedeva la Madonnina brillare, dall’altra il Castello. «Era felice. La persona più buona del mondo», lo ricorda un collega trattenendo le lacrime. Perché Samsul è morto. Dalle 20.30 all’1 al locale. Poi via, a casa, in via Tonale. E durante il tragitto prima di ogni altra cosa telefonava alla mamma e alla moglie rimaste in Bangladesh, calcolando che nel suo Paese fosse già giorno. Aveva un sogno: portare a Milano sua moglie e vivere insieme. Lavorava per questo, Samsul. Ma non ci sarà più nulla. Nessun futuro, nessun sogno. Perché la sua vita è stata spezzata ieri notte: è stato aggredito da due rapinatori alle 2.30 in via Settembrini, mentre rincasava, con una coltellata al torace. Solo per prendergli il telefonino. È stato trasportato in condizioni disperate al Niguarda, Samsul, ma quando è arrivato in ospedale non c’era più nulla da fare. Di lui restano gli occhi e il sorriso sul profilo Facebook, i messaggi di pace, i video antirazzisti. Uno mostra una candid camera: un ragazzo di colore chiede di poter fare una telefonata ma solo una persona su venti gli presta il telefono. Nessun problema, invece, se a chiedere il favore è un ragazzo dalla pelle chiara e che parla italiano. Quel video, Samsul lo aveva condiviso. E fa specie pensare che sia stato ucciso per il suo telefono.

Lui che probabilmente avrebbe allungato lo smartphone ai suoi aggressori senza reagire. Ne sono convinti i colleghi, che a Milano erano «la sua famiglia». Il lavoro nel locale ieri andava avanti come sempre, tra piatti da servire e clienti da ascoltare. Ma il pensiero di tutti era fisso su di lui, su Samsul. «Era gentile, sempre disponibile, di animo mite. Nessun problema se gli si chiedeva di lavorare un’ora in più». Nel suo Paese aveva studiato Marketing, a Milano si manteneva con lavori umili. Quattro anni fa lavorava in un fast food, nel 2015 era stato assunto nel bar Dante. Quando non lavorava «amava passeggiare. Milano gli piaceva moltissimo. Camminava, usciva con i suoi amici della comunità bengalese», racconta il collega. Ed era innamorato del cricket. «Amava moltissimo Milano, era ormai la sua città». Però non disdegnava gite fuori porta. Uno su tutti, Venezia: «Ne era affascinato».

 

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