La fine di Pepè Flachi, il boss della Comasina erede di Renato Vallanzasca

È morto per malattia, a 71 anni: per anni è stato uomo del patto ’ndrangheta-camorra per il traffico di droga

Giuseppe Flachi arrestato dopo la rapina a Niguarda

Giuseppe Flachi arrestato dopo la rapina a Niguarda

Milano - L’ultima storia che lo ha portato sulle pagine di cronaca risale a quasi tre anni fa. Era febbraio del 2019 quando venne a galla che il suo appartamento di via Teano, in zona Comasina, era stato confiscato dallo Stato. Ora il nome di Giuseppe, detto Pepè, Flachi, ritorna: perché se n’è andato per sempre due giorni fa, consumato dalla malattia. Aveva 71 anni. Soprannominato "boss della Comasina", era considerato l’erede di Renato Vallanzasca, di cui era stato amico. Oltre che super alleato di Franco Coco Trovato, capo indiscusso della ‘ndrangheta a Lecco.

Nato a Reggio Calabria, si trasferì a Milano negli anni Settanta. Poi, negli anni ‘80 e ‘90, è stato a capo di una ‘ndrina e punto di contatto dell’alleanza tra ‘ndrangheta e camorra per gestire il narcotraffico. Un patto finito nel 1990. Con conseguente rottura che generò una faida tra gli ex alleati culminata con una scia di sangue di almeno 11 morti, tra cui i fratelli Batti e Roberto Cutolo, figlio del boss della camorra Raffaele. Sotto il fuoco dei regolamenti di conti caddero anche passanti innocenti.

Ricercato per l’omicidio del narcotrafficante Felice Valente, ucciso il 15 ottobre del 1989 dai suoi sicari, Pepè fu arrestato in Costa Azzurra due anni dopo dalla Squadra mobile di Milano. Poi condannato. Ha estinto la sua pena il 14 marzo 2011; ma è stato arrestato di nuovo l’anno dopo e condannato a 20 anni e 4 mesi con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, smaltimento illegale di rifiuti tossici ed estorsione. I giudici milanesi hanno inflitto pene ad altre 15 persone, fino ai 17 anni di reclusione.

Poi, visti i gravi problemi di salute, Pepè dal carcere era stato trasferito prima in una comunità e successivamente in ospedale. Dov’è morto, piegato da un male incurabile che lentamente lo ha annientato. Con lui svanisce un’epoca. E diventerà un baluardo dello Stato la sua ex casa in Comasina, che dal 15 gennaio 2016 risulta confiscata e affidata all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc). Una disposizione rimasta però inattuata fino al 18 dicembre 2018, giorno dello sgombero della signora Flachi, che ancora abitava lì dentro. A liberare l’appartamento di via Teano erano entrati in azione gli agenti del commissariato Comasina, diretti allora dal vicequestore Antonio D’Urso, e i poliziotti del III Reparto Mobile. Le stanze sono state descritte come eleganti, arredate con gusto, con mobili di pregio e suppellettili di classe. Spazi in cui il boss non viveva più da tempo.  

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