Addio a Formentini, leghista anti-secessione

Morto il primo sindaco “lumbard’’ di Milano, aveva 90 anni. Domani funerale e lutto cittadino: camera ardente a Palazzo Marino

Marco Formentini in Consiglio comunale a Palazzo Marino

Marco Formentini in Consiglio comunale a Palazzo Marino

Milano, 3 gennaio 2020 - La sua ultima intervista al Giorno risale allo scorso 3 settembre, quando aveva ricordato commosso il suo assessore alla Cultura Philippe Daverio, appena scomparso. Voce un po’ stanca, ma pensiero lucidissimo, Marco Formentini aveva raccontato le imprese dell’amico critico d’arte e i loro anni insieme a Palazzo Marino.

Quattro mesi dopo, Formentini, sindaco di Milano dal 1993 al 1997, non c’è più, se l’è portato via una malattia di cui soffriva da tempo. Aveva 90 anni. La politica milanese lo piange, perché, al di là delle idee e del percorso politico, era una persona perbene. Per domani, giorno delle esequie, il Comune ha proclamato il lutto cittadino: bandiere a mezz’asta. La camera ardente sarà allestita nella Sala Alessi di Palazzo Marino domani dalle 9,30 alle 13,30 e alle 14,30 si terrà la cerimonia di commemorazione. Nato a La Spezia il 14 aprile 1930, vedetta partigiana quando aveva appena 14 anni, maturità classica, laurea in Giurisprudenza a Pisa con 110 e lode, Formentini ha vissuto varie vite, dal punto di vista professionale: dirigente della Comunità europea del carbone e dell’acciao (Ceca), segretario della Giunta regionale lombarda di Piero Bassetti negli anni Settanta, iscritto al Psi, manager di imprese private e poi, dopo un fatale incontro con Umberto Bossi nel 1990, capogruppo della Lega alla Camera nel 1992 ed eurodeputato nel 1994. Ma l’esperienza che più gli è rimasta addosso è quella di sindaco. Questione di momenti storici. Nel 1993 Milano non era più la Capitale morale del Paese, era ormai additata come Tangentopoli. La vittoria di Formentini fu come un voltar pagina. I milanesi scelsero in massa il Carroccio, che raggiunse il 40,9%. Il candidato sindaco lumbard vinse al ballottaggio contro il progressista Nando Dalla Chiesa con un vantaggio netto: 57,1% a 42,9%. Celebre una frase attribuita a Formentini appena entrato a Palazzo Marino: "Mi sento come Pancho Villa".

Un rivoluzionario gentile, Formentini, a cui la moglie Augusta, subito ribattezzata “first sciura’’ dalla stampa, aveva suggerito di "mettere tanti gerani alle finestre, perché Milano ha il dovere di essere bella". I quattro anni del primo (e finora unico) sindaco leghista del capoluogo lombardo, però, non sono stati tutti rose e fiori. Dopo le elezioni politiche del 1994 e la rottura con Berlusconi, Bossi tirò per la giacchetta il “suo’’ sindaco, voleva che Formentini prendesse posizione a favore della secessione, ma lui non lo fece mai, anzi criticò la linea indipendentista e nel 1999 lasciò la Lega per questo motivo. 

In Consiglio comunale, intanto, il sindaco perse la maggioranza a causa dell’addio di alcuni consiglieri lumbard e si trovò a navigare a vista. Nonostante ciò, riuscì a pedonalizzare il centro storico, decise di far sgomberare il Leoncavallo e puntò sul critico d’arte Daverio per dare lustro alla cultura. Nel 1997 Formentini si ricandidò, ma il momento magico della Lega a Milano era finito. Non arrivò neanche al ballottaggio. Era il turno di Albertini.

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