NICOLA PALMA
Cronaca

"No problem, noi ci allineiamo...": il cartello delle agenzie di modelle

Stangata dell’Antitrust. Verbali e mail svelano il patto anti-concorrenza

Una modella

Milano, 17 novembre 2016 - Le agenzie di modelle si mettevano d’accordo su tutto. Prezzi da proporre alle griffe. Voci aggiuntive. Percentuali. Un cartello anti-concorrenza, la conclusione dell’Antitrust, che qualche giorno fa, al termine di una lunga istruttoria, ha condannato 8 società del settore (le più importanti in Italia e tutte con sede a Milano) e l’associazione che le rappresenta (l’Assem, di cui le 8 sono soci fondatori) a pagare una sanzione da 4,5 milioni di euro. Un decimo del loro fatturato complessivo, che nel 2013 sfiorava i 50 milioni. Il gioco è andato avanti per 7 anni, dal 2008 al 2015. E a svelarne le regole ha contribuito in maniera decisiva – tanto da evitare la maxi multa – proprio uno dei colossi inizialmente nel mirino, la Img. Mail interne e verbali di assemblee si sono rivelati preziosissimi per ricostruire il meccanismo, che si basava su un accordo tra i competitor (solo sulla carta) rinnovato giorno per giorno attraverso contatti costanti.

Due gli obiettivi principali. Il primo: pareggiare in qualche modo l’enorme potere di trattativa in mano ai grandi marchi delle passerelle. Il secondo: tenere fuori, per quanto possibile, le cosiddette "agenzie madri", cioè le rivali straniere che portano in Italia le indossatrici straniere più promettenti cercando di monetizzare la loro "scoperta". Facciamo qualche esempio. A inizio 2009, sorge un problema: stando agli atti riportati nel procedimento, Dolce&Gabbana chiede a una delle società (WhyNot) "uno sconto del 40% sulle tariffe delle sfilate" degli uomini. La risposta è compatta, si legge in una mail inviata dall’Assem ai suoi associati, e passa attraverso alcuni paletti da imporre al cliente di turno. Primo: "La tariffa dei modelli non potrà essere inferiore alla flat rate di euro 1.000+20% (cp, costi di produzione)".

Secondo: "Nella tariffa del modello sarà inclusa una presenza di due ore prima dell’inizio della sfilata; ogni ora supplementare richiesta sarà conteggiata al 25%+20% della tariffa concordata". Terzo: "La prova generale sarà conteggiata a euro 100+20% all’ora". Quarto: "L’utilizzo delle sfilate sul sito istituzionale (delle griffe, ndr) sarà conteggiato al 10%+20% della tariffa concordata". Tutto bene? No, perché, emerge da un altro verbale del febbraio 2011, "Versace ha apparentemente accettato il contratto modificato che prevedeva il 20% per le prove generali, però di fatto alle sfilate Uomo appena concluse non le hatto fatte e si crede che faranno la stessa cosa per le imminenti sfilate Donna". Contromisura: "I presenti propongono di spostare questo 20% sul fee della modella (la sua prestazione, ndr)». Altra grana nel 2014: l’agenzia WhyNot chiede al gruppo cosa rispondere a Hogan sull’eventuale inclusione dei diritti per internet e social nel fee sfilata: "Come intendete procedere? Sarebbe bello che tutto facessimo la stessa cosa".

Alla fine, la quadra si trova: tutti risolveranno la questione a monte, facendo prezzo unico «ovviamente aumentandolo". Ok da WhyNot: "Fino a ieri veramente (dicevate) di averli fatturati in più, comunque non è un problema... ci allineiamo anche noi...". Dal canto loro, i responsabili delle agenzie hanno provato a difendersi davanti all’Antitrust. In primo luogo, i vertici delle società hanno di fatto escluso la segretezza del patto, per di più tirando in ballo la Camera nazionale della moda e le sue presunte richieste di "mettere ordine nel settore". E ancora: l’associazione si è dotata nel frattempo di un codice di condotta e ha patrocinato un corso di normativa antitrust per i propri associati (come se ce ne fosse bisogno per aziende che operano in una situazione di libero mercato). Correttivi che sono serviti solo ad attenuare del 5% la stangata. Ridotta, si fa per dire, a 4,567 milioni di euro.