Stazione Centrale, militare ferito a colpi di forbici: "Così ho fermato l’aggressore"

Samba Diagne, senegalese e musulmano, padre di cinque figli

Samba Diagne, 52 anni

Samba Diagne, 52 anni

Milano, 19 settembre 2019 - «L’ho colpito con una catena rotta, di quelle che si usano per legare le biciclette. Una volta a terra, sono riuscito a spingere via col piede le forbici che nel frattempo gli erano cadute dalle mani». A Samba Diagne, senegalese di 52 anni, che lavora come addetto alla sicurezza nei negozi ed è papà di cinque figli, sono bastati pochi secondi per mettere ko Mohamad Fathe, il richiedente asilo yemenita di 23 anni che martedì alle 10.45 ha ferito al collo e alla schiena il caporalmaggiore dell’Esercito Matteo Toia, di 34 anni, con due fendenti sferrati con un paio di forbici per poi urlare «Allah Akbar», Allah è grande, in piazza Duca d’Aosta. Samba è intervenuto quando l’aggressore, dopo aver colpito il militare, stava tentando di guadagnarsi una via di fuga correndo. Poi Mohamed Fathe è stato immobilizzato dai carabinieri del Terzo Reggimento Lombardia e infine arrestato con l’accusa di attentato per finalità terroristiche, tentato omicidio e violenza a pubblico ufficiale. «I carabinieri si sono congratulati con me per il mio intervento. Sono molto contento e orgoglioso. Ho agito d’impulso e lo rifarei». Andiamo con ordine. Alle 10.45 Samba Diagne arriva in stazione Centrale con la metropolitana, «volevo andare a fare la spesa al mercato di via Benedetto Marcello – racconta – e mi trovavo nella Galleria delle carrozze quando ho sentito delle urla. Mi sono voltato e ho visto la scena: un militare a terra e un uomo che lo colpiva con delle forbici». A quel punto si è avvicinato, «mi sono trovato decine di volte nella situazione di dover fermare dei ladri nei negozi». Pochi istanti per farsi venire un’idea e passare all’azione: «Ho visto che su un lato della piazza c’erano biciclette appoggiate a una rastrelliera. Una aveva la catena rotta, spezzata, di quelle che servono per legare il telaio o la ruota a un palo di ferro. Allora ho preso la catena e sono corso verso quell’uomo con l’obiettivo di bloccarlo». Stava correndo, «io l’ho sorpreso da dietro, colpendolo con quella catena e atterrandolo. Gli sono cadute le forbici che aveva ancora in mano e le ho allontanate con un calcio, per impedire che potesse afferrarle nuovamente. Poi sono subito intervenuti i carabinieri». Tutto è durato una manciata di secondi. «Sono contento di aver contribuito a fermare una persona pericolosa. Anche io sono un musulmano: mi dissocio da chi compie violenze in nome di Allah. Chi lo fa è solo un esaltato». Samba Diagne è arrivato a Milano da Niagane, in Senegal, quasi 30 anni fa. «Era il 1990 – ricorda – e per mantenermi ho fatto di tutto: dal metalmeccanico al muratore. Da circa 4 anni lavoro come addetto alla sicurezza nei negozi. In Senegal ho la moglie e cinque figli, la più grande di 23 anni e il più piccolo di quasi 6. Mantengo da qui la mia famiglia, non ho la possibilità di farla trasferire perché sarebbero troppe le spese». A moglie e figli non ha ancora raccontato la sua impresa «ma i miei amici hanno già diffuso la notizia su Facebook. Io voglio che i miei figli siano orgogliosi del loro papà».  

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