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Milano, investì e uccise il vigile Savarino: "Avevo pianificato tutti i furti..."

Nikolic già rubava 11 giorni dopo la scarcerazione. Confessione e processo immediato, ma il bottino non si trova.

Niccolò Savarino, nel riquadro e il luogo dell'incidente

"Non avevo intenzione di andare a rubare, ma purtroppo avevamo bevuto e fumato una canna. Volevo solo festeggiare con gli amici la mia scarcerazione". Così Remi Nikolic, che nel 2012 con un suv travolse e uccise l’agente di polizia locale Niccolò Savarino, aveva risposto, a caldo, davanti al gip, dopo essere stato fermato per il maxifurto commesso in una abitazione di lusso in zona Missori. Nikolic, che andrà a processo con rito immediato, ha poi cambiato versione e ammesso di avere pianificato il furto, insieme alla sua banda, per svuotare appartamenti che sapeva appartenere a persone molto benestanti. Un colpo “da professionisti“ deve essere pianificato nel dettaglio prendendo di mira solo case ricche, non può essere improvvisato. Non è mai stato trovato il bottino, di oltre duecentomila euro; solo una borsa Hermes di pitone valeva 40mila euro.

Nikolic, minorenne all’epoca dell’investimento e condannato per omicidio a 9 anni e 8 mesi, ne ha scontati 5 e mezzo al Beccaria per poi ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali nel 2017. L’11 febbraio scorso, emerge dal provvedimento firmato dal pm Francesca Crupi, è tornato definitivamente un uomo libero.

Libero di delinquere, viene da pensare col senno di poi, se è vero - come riscostruito dagli agenti della Squadra mobile - che appena 11 giorni dopo è entrato in azione insieme ai complici Martin Jovanovic, ventiduenne originario di Roma, e Alen Djordjevic, ventiseienne nato a Maddaloni. Stando alle indagini della polizia e alle denunce dei derubati, il primo raid è avvenuto in un palazzo di via Sanzio, in zona Fiera: in tre hanno atteso che i padroni di casa uscissero, sono entrati dall’ingresso del box lasciato momentaneamente aperto e si sono arrampicati fino all’abitazione nel mirino.

Poi hanno sfondato la finestra della camera da letto e hanno iniziato a rovistare dappertutto, riuscendo a rubare borse di marca, orecchini d’oro e un portacarte Chanel per un valore stimato di circa 100mila euro. Finita? No, perché i componenti della gang sono risaliti in auto e si sono introdotti in un secondo appartamento, in via Amedei, zona Missori, portando via alcune catenine di valore.

Da lì sono scattate le indagini della Mobile. Indagini complicate anziché no, visto che gli investigatori hanno capito sin da subito di avere a che fare con “veterani“ del mestiere. Qualche errore, però, lo hanno commesso, dando modo ai segugi di via Fatebenefratelli di arrivare all’identificazione dei tre. Da un primo screening delle celle telefoniche emergono due numeri “interessanti“: entrambi sono intestati a pregiudicati legati ai campi nomadi di Corbetta. Da lì, le manette. An.Gi.