ANDREA GIANNI
Cronaca

"Mia madre morta sola, ora voglio giustizia": maxi ricorso insieme ad altri 400

Un anno dopo la prima ondata maxi-ricorso contro Governo e Regione: serve una lezione per il futuro

Operatore sanitario nel reparto Covid di un ospedale

Milano - "È morta in solitudine, sono riuscita solo a chiedere al medico di fare in modo che soffrisse il meno possibile e di darle una carezza, come se fosse la mia mano". Serena, 38 anni, il 9 aprile dell’anno scorso perdeva sua madre, una delle tante vittime milanesi della prima ondata della pandemia. Guarda a quel periodo con rabbia, e desiderio di avere giustizia: "Chi è responsabile della catena di errori deve pagare, ma soprattutto la nostra battaglia vuole essere un monito perché tutto questo non accada più" Serena, che a sua volta ha conosciuto il contagio, assieme ad altre 400 persone di tutta Italia ha iniziato una battaglia legale contro Governo, Regione Lombardia e ministero della Salute, istituzioni alle quali chiedono un risarcimento danni complessivo di oltre 100 milioni di euro per "inadempienze ed errori" nella gestione della pandemia.

La prima udienza del maxi-ricorso avviato da un pool di avvocati coordinati da Consuelo Locati - Piero Pasini, Luca Berni, Alessandro Pedone e Giovanni Benedetto - è fissata per il 14 aprile a Roma. "Paradossalmente, alla politica farebbe più comodo un processo penale – spiegano – perché potrebbero facilmente scaricare il singolo. Ma l’azione civile acclarerebbe che l’intero sistema ha fallito, anzi omesso". Al centro del ricorso un lungo elenco di "inadempienze" delle istituzioni, che non avrebbero frenato il dilagare dei contagi nei primi mesi del 2020: "Mancata istituzione delle zone rosse, mancato aggiornamento del piano pandemico del 2006 e mancata attuazione dello stesso, assenza di dispositivi di sicurezza negli ospedali e nelle Rsa, carenza di tamponi e mancati screening, mancanza di assistenza domiciliare e ricoveri tardivi". Tra i lombardi partecipano al ricorso ci sono familiari di anziani morti nelle Rsa, persone contagiate in ambulanza o negli ospedali. Serena, una di loro, racconta una storia di sofferenza infinita, vissuta da migliaia di altre famiglie.

"Mia madre aveva 69 anni – spiega – era in perfetta salute e a fine febbraio 2020 ha iniziato a stare male". Le sue condizioni sono peggiorate giorno dopo giorno fino a quando, il 14 marzo, è stata ricoverata al Policlinico. Solo allora le hanno fatto il tampone, risultato positivo. "Io non potevo vederla e trascorrevo le giornate in attesa di una telefonata dei medici – racconta Serena – lei è riuscita anche a mandarmi un selfie con il casco, perché ha sempre avuto uno spirito positivo. Poi è finita in terapia intensiva. Il 9 aprile è terminata la sua agonia, è stata una cosa disumana". Un trauma anche per il nipotino, che ha tre anni. "Mia mamma ha pagato a caro prezzo tutte le carenze nella prima fase della pandemia – conclude la donna –. A distanza di un anno, vedendo quello che sta succedendo con i vaccini, mi sembra che i problemi non sono finiti".