Medici e infermieri nel mirino: oltre 17mila aggressioni in un anno

La fotografia della Lombardia nella relazione annuale dell’Agenzia regionale di controllo dei sistemi sociosanitari: boom degli attacchi con armi. Le donne prime vittime

Allarme aggressioni agli operatori sanitari lombardi

Allarme aggressioni agli operatori sanitari lombardi

Milano – Nove “aggressioni estreme” a sanitari in Lombardia nel 2021, contro due l’anno prima e una nel 2019. E 218 aggressioni di grado "severo", rispetto alle 177 del 2020 e alle 196 del 2019. "Severo", nella classificazione ufficiale, è un "attacco con risultanti lesioni severe. Ripetuti calci e pugni". "Estremo", invece, è "attacco con uso di arma" e-o "attacco con risultante la morte", e tra i nove del 2021, per fortuna solo per la prima fattispecie, potrebbe esser stato segnalato quello ai danni del chirurgo del Policlinico San Donato Giovanni Malacrida, accoltellato alla coscia da un paziente durante una visita. Mentre non è contato l’omicidio del medico Giorgio Falcetto, ucciso con un’accetta fuori dallo stesso ospedale a dicembre 2022.

È soprattutto questo aumento degli attacchi più gravi che spicca, anche perché in controtendenza, tra oltre 17mila aggressioni al personale sanitario registrate nel 2021 in Lombardia da un’indagine, non esaustiva del fenomeno, condotta dall’Acss, Agenzia di controllo del sistema sociosanitario lombardo che in base a una legge regionale del 2020, approvata all’unanimità dal Pirellone, monitora questi episodi. Il risultato è contenuto nella relazione annuale dell’Acss sul 2022, che confronta i numeri raccolti con questionari distribuiti lo scorso settembre (ma relativi al 2021) agli enti, pubblici e privati accreditati, e agli operatori delle cure primarie del servizio sociosanitario regionale, con quelli rilevati nella survey precedente dell’agosto 2021, relativi agli anni 2019 e 2020.

In numeri assoluti, le aggressioni - precisamente 17.296 sul 2021 - sono inferiori alle 24.609 registrate per il 2019 e alle 18.008 del 2020. Ma diversi fattori possono aver influenzato questo apparente decremento. Innanzitutto, osserva l’Agenzia, la survey dell’anno scorso ha ottenuto un migliaio di risposte in meno della precedente (1.786 contro 2.623): quelle raccolte da enti e strutture sono diminuite del 7,7%, quelle di guardie mediche, medici e pediatri di base precipitate del 53,1%. E va valutato anche il "naturale decremento" degli episodi nelle fasi più acute della pandemia, quando l’accesso alle strutture era del tutto o in parte interdetto a familiari e accompagnatori dei pazienti.

L’ultima indagine , sottolinea l’Acss, continua a fotografare "la vasta diffusione del fenomeno, non strettamente ospedaliero, che comprende enti sanitari e sociosanitari e i medici sul territorio". Delle strutture che hanno risposto, l’80% si sono classificate come "sociosanitarie", e di queste più di metà comprendeva Rsa, mentre del 20% di sanitarie “pure” solo il 22% era composto da ospedali come Asst e Irccs, e il 78% invece da realtà "ambulatoriali, nella maggior parte dei casi, seguite da strutture di ricovero e cura e psichiatriche".

Le donne, che tra dipendenti e collaboratrici costituiscono il 75% del personale, collezionano più del 70% delle aggressioni. Le figure professionali più colpite sono gli educatori, seguiti da Oss, infermieri, ausiliari, amministrativi e medici; le aree in cui si verificano più episodi di violenza fisica (senza contare le aggressioni "estreme" e "severe", sono state 3.800 nel 2021, di cui 1.391 "minori" e altre 757 "non specificate") sono Rsa, reparti psichiatrici, pronto soccorso e degenze.

La tipologia più diffusa rimangono le aggressioni verbali (7.037 nel 2021, di cui 3.711 "minori"), ma quelle estreme e severe, pur rappresentando "la minima parte del fenomeno", sono le sole che tra 2019 e 2021 risultano in aumento, oltre alle "minacce e intimidazioni" (848 casi nel 2021, meno dei 932 del 2020 ma più dei 772 del 2019).

Un quadro preoccupante secondo Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd, "e ancor più grave è che la legge regionale approvata tre anni fa, di cui sono stata proponente e cofirmataria, non venga attuata". Rozza cita i posti di polizia degli ospedali, in parte recentemente riattivati su input del Ministero dell’Interno, "ma la legge prevede che sia la Regione a stringere accordi con le Prefetture per garantirne la copertura. Inoltre non sono state fatte le linee guida alle quali le Asst dovrebbero adeguare tutte le attività, dalle strutture alla formazione. Invece di chiacchierare sulla sicurezza del personale sanitario, la Giunta lombarda agisca".

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