Filippo Savio
Cronaca

Maturità addio Ed è già nostalgia

Filippo

Savio

Ed eccomi qui, è finita. Dopo tanta ansia, fatica e lavoro, il colloquio orale è passato molto piacevolmente.

È durato più di un’ora, ma dietro a quel banco il tempo scorre lento, anzi, sembra non scorrere affatto, e non c’è modo di pensarci. E appena prima di entrare è impossibile evitare quel pensiero, non ce la farò, e a nulla valgono i discorsi razionali, pacati e rassicuranti di chi la Maturità l’ha già passata da mezz’ora o da trent’anni.

E quanto avevano ragione le compagne e i compagni che mi hanno preceduto. Esci dall’aula, nel nostro fortunato caso un meraviglioso emiciclo antico, ma subito vorresti tornare dentro, perché raramente capita di trovarsi davanti una commissione così sinceramente interessata a ciò che hai da dire, e che conosci così bene.

L’elaborato scritto sulle materie di indirizzo, dunque, seppur criticabile dal punto di vista dei tempi concessi per il lavoro, si è dimostrato un’occasione inaspettatamente buona. E poi, gli sguardi dei professori sopra il bordo della mascherina, e la consapevolezza che noi studenti non siamo stati gli unici a rimpiangere la scuola pre-covid, la scuola di tutti i giorni, fatta di contatti umani e di vita materiale, di quei ricordi che ora costituiscono il quadro delle superiori impresso nella memoria di tutti noi.

Ora ricordo gli intervalli nel cortile, il bar, i corridoi, gli amici, le molte persone piacevoli e le pochissime spiacevoli che ho incontrato in cinque anni densi e significativi vissuti dentro quelle mura.

E la scuola è già un ricordo lontano, un’astrazione, qualcosa che c’è stato e che ha lasciato il segno, ma che è ora intangibile. Con poco più di sessanta minuti di colloquio si conclude una vita quinquennale divenuta ormai routine consolidata e granitica. E ora?

E ora lo spazio alla nostalgia, e il tentativo di ignorare quel senso di vuoto incredibile e incolmabile che si fa strada con prepotenza.