Dal Covid all’inquinamento, la mascherina diventa smart

Progetto del Politecnico e dell’azienda milanese BLS: la protezione si connette con un’app

Pier Paolo Zani

Pier Paolo Zani

Cormano (Milano), 11 luglio 2020 -  Sold-out . Le prime duemila mascherine FFP3 anti-smog e anti-virus made in Italy sono andate a ruba nel giro di qualche ora. Il coronavirus ha fatto da acceleratore a un progetto di Politecnico e BLS iniziato un paio d’anni prima dell’emergenza sanitaria. Quando neppure si poteva ipotizzare una pandemia di portata mondiale, la startup Narvalo - nata alla Scuola del Design dell’università milanese e realizzata in collaborazione con l’azienda di Cormano, l’unica in Italia che da oltre 50 anni produce esclusivamente dispositivi di protezione delle vie respiratorie - aveva ideato la prima mascherina FFP3 con valvola intelligente. Un sistema capace di interagire con l’ambiente interno ed esterno e di dialogare con lo smartphone per proteggerci dall’inquinamento.

Ieri anche l’ultimo step è stato completato con la commercializzazione sugli store dei telefoni cellulari dell’applicazione Narvalo App che, grazie al sistema di geolocalizzazione dello smartphone, è in grado di raccogliere dati sulla qualità dell’aria respirata durante il tragitto a piedi, in bicicletta o in scooter, mostrando la differenza tra l’aria che si respira con o senza la maschera. Da settembre si potranno nuovamente prenotare e acquistare le Narvalo Urban Mask, disponibili in sei colori, in tessuto 3D traspirante, lavabile, idrorepellente e antistrappo, ad altissima capacità filtrante (protegge da 99,9% degli agenti inquinanti oltre a virus, batteri, polveri). "L’obiettivo del progetto col Politecnico– dichiara Pier Paolo Zani, amministratore delegato di BLS – era portare su ampia scala una protezione che veniva utilizzata dagli addetti ai lavori per combattere lo Smog: il Covid ha accelerato tutto. Le do alcuni numeri: durante l’emergenza coronavirus abbiamo triplicato la produzione per far fronte alla domanda interna di mascherine. Per fare un esempio, solo l’Ospedale Sacco di Milano è passato da un consumo di 30mila dispositivi di protezione all’anno pre-Covid a 5-7mila al giorno".

Per soddisfare le richieste, l’azienda che esporta in 80 Paesi - quattro filiali in Europa, una in Sudamerica e clienti come Barilla, Finmeccanica, Pirelli, Protezione Civile, Ministero della Difesa e ospedali di tutta Italia - ha avviato nella sede di Cormano un piano di produzione su 24 ore, passando da due a tre turni lavorativi e assumendo oltre 30 persone (150 in tutto). "Nel 2019 – fa sapere l’ad – il gruppo ha fatturato 15 milioni: alla fine di quest’anno ci aspettiamo un incremento, con un risultato a tre cifre".

BLS ha sottoscritto anche un accordo con l’ Agenzia industrie difesa (Aid), l’agenzia in house della Difesa posta sotto la vigilanza del Ministero, per potenziare la produzione di mascherine. Una collaborazione pubblico-privato che prevede linee produttive installate inizialmente a Cormano e poi trasferite in Campania, nello stabilimento militare “Spolette” di Torre Annunziata, un’unità produttiva dell’Aid. L’obiettivo è disporre di un tesoretto di protezioni in caso di nuove emergenze sanitarie da destinare secondo le indicazioni delle autorità governative. 

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