Milano - La terza dose antiCovid è fondamentale, e se ne può valutare anche una quarta, per persone che a causa delle malattie di cui soffrono, o dei farmaci che devono assumere per combatterle, non rischiano effetti collaterali particolari ma piuttosto che il vaccino su di loro faccia meno effetto. Non è un’opinione, ma il risultato di uno studio che ha coinvolto 13 Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico in cinque regioni, coordinato dall’Istituto dei tumori di Milano insieme all’Humanitas, allo Spallanzani di Roma e all’Irccs di Reggio Emilia (in Lombardia hanno partecipato anche il San Raffaele, il Besta e il San Matteo di Pavia). Oltre 600 pazienti selezionati includendo patologie diverse, cinque mesi di osservazione con un protocollo condiviso, criteri comuni e valutazioni centralizzate allo Spallanzani: così, spiega il direttore scientifico dell’Istituto dei tumori Giovanni Apolone, lo studio Vax4Frail ha confermato che per i fragili "è necessaria ed essenziale la terza dose per potenziare la risposta immunologica" e, di conseguenza, ridurre "il rischio di infezioni e le complicanze del Covid19". I ricercatori hanno considerato quattro tipologie di pazienti fragili, e documentato come il livello della risposta immunologica - sia anticorpale che cellulare - dipenda dal numero di dosi di vaccino ricevute, dal tipo di patologia e dal trattamento farmacologico. I risultati, illustrati in due articoli prodotti dal gruppo di ricerca, confermano come le vaccinazioni siano state ben tollerate dai "fragili" e non abbiano avuto impatti negativi sul loro trattamento, ma in termini di efficacia dopo due dosi la risposta di questi pazienti è al 62%, inferiore a quella osservata nella popolazione sana, e ciò vale in particolare per chi ha malattie immunodegenerative od onco-ematologiche (i tumori del sangue), e per chi si sottopone ad alcune terapie (come quelle antitumorali con forte impatto sul sistema immunitario). La dose booster mostra ...
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