Caso Mantovani, il gip: niente libertà, resta ai domiciliari

Secondo il giudice per le indagini preliminari Stefania Pepe, l'ex numero due della Regione Lombardia è ancora un personaggio politico «influente» e ha a disposizione una fitta «rete di relazioni», pertanto è stata respinta l'istanza dell'avvocato difensore per il ritorno in libertà

Mario Mantovani (NewPress)

Mario Mantovani (NewPress)

Milano, 7 gennaio 2016 - Revoca dei domiciliari e remissione in libertà respinte per Mario Mantovani. Lo ha deciso il gip di Milano Stefania Pepe su istanza dell'avvocato difensore dell'ex vicepresidente della Regione Lombardia finito in carcere lo scorso ottobre con le accuse di corruzione, concussione e turbativa d'asta. Il giudice ha accolto il parere contrario alla revoca dei domiciliari firmato dal pm Giovanni Polizzi. Secondo il gip l'ex 'numero due' del Pirellone, anche ex assessore lombardo alla Sanità, ex senatore del Pdl, ex sottosegretario ed ex sindaco di Arconate ( Milano), è ancora un personaggio politico «influente» e ha a disposizione una fitta «rete di relazioni». La decisione è arrivata nei giorni scorsi dopo che il legale di Mantovani, l'avvocato Roberto Lassini, poco prima di Natale aveva chiesto al giudice la remissione in libertà per il suo assistito. Mantovani era passato dal carcere ai domiciliari, sempre su decisione del gip, lo scorso 23 novembre, mentre a metà dicembre la Procura ha chiuso le indagini nei confronti suoi e di altri indagati, in vista della richiesta di processo.

Mantovani rischia di finire a processo oltre che per concussione, corruzione e turbativa d'asta, anche per abuso d'ufficio in relazione ad alcuni fatti risalenti all'epoca in cui era sindaco di Arconate e su cui investigatori ed inquirenti hanno continuato ad indagare, prima di chiudere l'inchiesta. La Procura si appresta, in particolare, a chiedere il rinvio a giudizio anche per altre 14 persone, tra cui il collaboratore del politico, Giacomo Di Capua, e l'ingegnere Angelo Bianchi, ex funzionario del Provveditorato alle Opere pubbliche della Lombardia. Tra gli indagati dell'inchiesta figura anche Massimo Garavaglia, assessore leghista all'Economia della Regione Lombardia. Garavaglia, come risulta dagli atti dell'inchiesta, avrebbe agito, assieme a Mantovani, per turbare una gara «per l'affidamento del servizio di trasporto di soggetti nefropatici sottoposti al trattamento dialitico». Tra gli indagati anche l'architetto Gianluca Parotti che, secondo le indagini, avrebbe effettuato lavori gratuiti su immobili di Mantovani in cambio di appalti.

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