Gabriele Marchesi, il coindagato di Ilaria Salis, ai domiciliari a Milano, deve essere consegnato e deve stare in carcere in Ungheria. Risponde così la Procura di Budapest alla Corte d’Appello di Milano che aveva chiesto alle autorità ungheresi di verificare la possibilità di "strumenti" alternativi al mandato d’arresto europeo, come i domiciliari in Italia, sospendendo la consegna. Solo con la "sua consegna e l’arresto", scrive la Procura dell’Ungheria, "sarebbe possibile garantire" che Marchesi "sia a disposizione delle autorità" e sia presente in particolare "agli atti procedurali". Nelle due pagine, inviate alla Corte d’Appello, e datate 4 marzo, si spiega che Marchesi farebbe parte, secondo quanto emerso dalle indagini ungheresi di "una organizzazione criminale" che sarebbe stata creata "per commettere atti violenti contro le persone". E inoltre che "il fondato sospetto degli atti commessi è confermato, in particolare, da immagini di telecamere, deposizioni di testimoni, perizie medico-legali sulle lesioni delle vittime" e altro. Secondo il pm Zita Nagy, ci sono le condizioni per l’arresto, anche perché, per i reati da lui commessi, la pena prevista dalla legge va dai 2 ai 24 anni di reclusione. "Una pena detentiva di tale durata - prosegue l’atto - costituisce di per sé il rischio di fuga e clandestinità per un autore che non ha legami con l’Ungheria", qualora non fosse in carcere.
Secondo il magistrato "la persona ricercata è partita per un luogo sconosciuto dopo aver commesso il reato". "Lui e i suoi compagni - continua -, al solo scopo della commissione organizzata di reati dolosi diretti a procurare lesioni potenzialmente mortali, sono arrivati in Ungheria in un modo e su un percorso" che avrebbe reso impossibile ricostruire "il suo viaggio a Budapest e verificare il suo alloggio prenotato con dati fittizi".