REDAZIONE MILANO

Liliana Segre da Matteotti a Basovizza "Andai anche al funerale di Ramelli"

La senatrice a vita, superstite di Auschwitz: "Mai sopportato quella violenza. Ora sto con gli ucraini"

Era al funerale di Sergio Ramelli, anche se le toccò rivedere qualcuno che faceva il saluto romano e pure qualcuno di quelli che, una manciata di decenni prima, propalavano agli italiani il “Manifesto della razza”. Liliana Segre, cacciata da scuola a otto anni dalle leggi razziste della dittatura fascista per la “colpa” di essere ebrea, a tredici deportata ad Auschwitz e sopravvissuta, senatrice a vita dal 2018 e prima firmataria del ddl deliberato ieri a Palazzo Madama che istituisce le celebrazioni per il centenario, nel 2024, della morte di Giacomo Matteotti (il deputato socialista ammazzato dai fascisti per aver denunciato i brogli e le violenze del nascente regime), in quel maggio del 1975 non aveva ancora iniziato a rendere testimonianza pubblica della Shoah.

Eppure c’era, a fare testimonianza civile al funerale di quel ragazzino di diciott’anni, militante del Fronte della Gioventù ucciso in un agguato a colpi di chiave inglese da extraparlamentari di Avanguardia operaia e morto dopo 47 giorni di agonia. Così come è andata, Segre, alla foiba di Basovizza, simbolo degli eccidi di militari e civili, italiani e tedeschi, da parte dei partigiani titini durante l’occupazione jugoslava di Trieste: "Perché non potevo sopportare una tragedia e una violenza di quel tipo. Ho sempre scelto di partecipare umanamente e mai ideologicamente", ha raccontato ieri, ospite a “L’aria che tira” su La 7, la senatrice a vita milanese, 92 anni e nessuna remora a scegliere da che parte stare: "Pur avendo un grande amore per la musica e i romanzi russi, se i russi sono gli invasori vanno rimandati indietro - ha chiarito –. “L’invasor“ non è un altro con cui trattare, è quello che entra nella tua terra e bombarda le tue case, e sarei falsa se dovessi dichiarare che io non sto con l’Ucraina". "Le date sono molto importanti e non devono essere divisive", ha ricordato Segre in televisione; anche il 2 Giugno, Festa della Repubblica che gli italiani scelsero per referendum quel giorno nel 1946, votando contemporaneamente l’Assemblea Costituente ("Nella Costituzione c’è tanto imparare, si dovrebbe imparare a memoria a scuola ogni articolo", ha detto la senatrice), e per la seconda volta votavano anche le italiane. Non Liliana, che all’epoca non aveva neanche compiuto 16 anni, ma "ho sempre ricordato questa festa, così come il 25 Aprile", la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, "e il Primo Maggio". Che per lei non è solo "l’onorata mai abbastanza Festa dei lavoratori", ma anche un’altra liberazione. La sua: "In famiglia lo festeggiamo come il mio compleanno: una nascita e una rinascita". Segre fu liberata quel giorno, nel 1945, dagli Alleati in un campo satellite di Ravensbrück, a oltre tre mesi e cinquecento chilometri da Auschwitz dove l’Armata Rossa, il 27 gennaio, era entrata quando i nazisti erano già scappati costringendo oltre 50mila prigionieri a seguirli a piedi. Inclusa lei, che a 14 anni affrontò la "marcia della morte" dalla Polonia alla Germania: neve e fango, fame e finestre chiuse nell’indifferenza.

"Indifferenza" è la parola che ha insistito fosse scritta a caratteri cubitali al Memoriale della Shoah, già binario 21 della Stazione Centrale dal quale fu deportata il 30 gennaio del ’44: "Un monito – ha ribadito –. Allora non ci fu gente in piazza a protestare. Nessuno cercò di fermare i camion. Mi fa paura anche oggi l’indifferenza", che "piace di più di prima. C’è indifferenza per la guerra in Ucraina, per la signora uccisa da un suo paziente", "le famiglie non vogliono vedere il bullismo nei figli, gli uomini violenti la loro brutalità". Lei però continua ad avere "fiducia nei giovani: confido nella loro forza".Giulia Bonezzi