"Sento le voci, ho problemi psichici, l’ho ucciso perché litigavamo sempre e perché lui maltrattava mia madre". Così, in sostanza, Zakaria Morchidi, il 34enne arrestato tre giorni fa per omicidio, ha descritto i motivi che l’hanno portato, a suo dire, a uccidere a coltellate domenica scorsa il padre, 69 anni, che era seduto insieme a un amico sui gradini all’esterno di un bar tabacchi di via Giambellino, a Milano. L’uomo è stato interrogato ieri dal gip di Milano Livio Cristofano, che ha convalidato l’arresto e ordinato la custodia cautelare in carcere. Come ricostruito nelle indagini della polizia, coordinate dal pm Roberto Fontana, il 34enne era in cura al Cps, ossia al servizio psichiatrico di diagnosi e cura. È stato bloccato mentre si stava allontanando a piedi. Era calmo all’apparenza e ha detto "il coltello è là", indicandolo agli agenti. Davanti al gip, a quanto si è saputo, Morchidi ha parlato sia dei suoi problemi mentali, sostenendo che sente "delle voci in testa", sia delle frequenti discussioni col padre che, stando alla sua versione, maltrattava e picchiava la moglie. E, sempre secondo il suo racconto, avrebbe spesso affittato una stanza dell’abitazione "a detenuti ai domiciliari".
Dopo il provvedimento del gip il 34enne resta detenuto a San Vittore. Una vicenda che nasconde anche un altro tragico risvolto. Il fratello maggiore di Zakaria Morchidi, Kamal, è morto infatti in Iraq, probabilmente come kamikaze nell’attentato con auto-bomba del 26 ottobre 2003 all’hotel Al Rashid di Baghdad, che in quei giorni ospitava l’allora sottosegretario americano alla Difesa Paul Wolfowitz.
Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro