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Lega, l'ex contabile: "Bossi non era informato sulle spese, pressioni dalla moglie"

"A mio parere Umberto Bossi doveva essere messo al corrente dei costi della famiglia perché, secondo me, ne era assolutamente all'oscuro, e dissi a Belsito che bisognava dirglielo"

Umberto Bossi e Francesco Belsito (Ansa)

Milano, 25 gennaio 2016 - Nadia Degrada, ex segretaria e contabile di via Bellerio, ha esposto oggi in aula le sue convinzioni in merito allo scandalo che tre anni fa ha coinvolto Umberto Bossi e i suoi familiari. Bossi sarebbe stato "assolutamente all'oscuro" delle "spese e dei costi della sua famiglia", pagati con i fondi della Lega e anzi, l'allora tesoriere del partito Francesco Belsito avrebbe ricevuto "pressioni sempre più forti da parte della moglie del segretario e della senatrice Rosi Mauro" affinché esaudisse le loro "richieste" di "pagamenti".

"A mio parere Umberto Bossi doveva essere messo al corrente dei costi della famiglia perché, secondo me, ne era assolutamente all'oscuro, e dissi a Belsito che bisognava dirglielo", ha chiarito Dagrada, testimoniando nel processo che vede alla sbarra l'ex segretario del Carroccio, il figlio Renzo Bossi e l'ex tesoriere Belsito e con al centro l'accusa di appropriazione indebita per le presunte spese personali con i fondi del partito. Stando alla deposizione della donna, teste chiavè dell'inchiesta esplosa nel 2012, Belsito le avrebbe parlato all'epoca di "pressioni sempre più forti da parte della moglie di Bossi e della senatrice Rosi Mauro che lo avevano spaventato, anche perché a volte, a suo dire, si era trattato di minacce". Le "pressioni", ha chiarito la testimone, erano esercitate per ottenere "pagamenti di spese personali".

Dagrada, che fino al 2011 è stata "responsabile per la rendicontazione elettorale della Lega", rispondendo alle domande del pm Paolo Filippini, ha descritto anche quelle "situazioni" che si verificavano quando sui rendiconti del Carroccio venivano iscritte delle spese di cui mancavano i "documenti per giustificarle". E ha chiarito: "Io mi fidavo di Belsito quando non avevo le pezze d'appoggio". Tra le uscite non giustificate, Dagrada ha citato "assegni" inseriti nei rendiconti come "prelievi di contanti", noleggi di auto, "una serie di multe", pagamenti per "titoli di studio" di cui "mi aveva parlato Belsito", tra cui l'ormai famosa laurea in Albania di Renzo Bossi, la "ristrutturazione di appartamenti" per il Senatur. E ha parlato, tra le altre cose, anche "dell'acquisto di un'Audi A6 inizialmente usata da Renzo Bossi e poi passata a Belsito".

Al Senatur vengono contestati, in totale, oltre 208 mila euro di spese, tra il 2009 e il 2011. A Renzo, invece, vengono imputati più di 145mila euro, mentre a Riccardo Bossi, che ha scelto il rito abbreviato, spese per quasi 158mila euro. Dagrada ha raccontato in aula che Belsito in quel periodo "mi parlava di pressioni da persone vicine al segretario per ottenere dei pagamenti e, tra l'altro, io avevo anche il dubbio che Belsito mentisse per coprire le proprie spese". E al giudice che le chiedeva di precisare chi fossero gli autori delle "pressioni", l'ex segretaria ha risposto: "La moglie del segretario e la senatrice Rosi Mauro". Ha aggiunto, poi, che "da ambienti vicini al Segretario arrivavano pressioni ambivalenti, relative a soldi richiesti per pagare spese e anche alla gestione del partito".

La teste, infine, ha spiegato che data la situazione "io mi ero offerta di accompagnare Belsito di fronte a Bossi per parlargli dei costi della famiglia e avevo consigliato a Belsito di raccogliere documentazione su questi costi". Nel corso delle indagini, infatti, nella disponibilità dell'ex tesoriere la Gdf trovò l'ormai nota cartelletta con l'intestazione 'The Family'.