Le strategie di chi si mette comunque in lista

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Agostino

Picicco*

Finalmente si è conclusa la competizione elettorale per le elezioni regionali in Lombardia. Gli ultimi giorni – in linea con le modalità di campagna elettorale, ormai più legate allo sprint finale che a un lavoro costante e duraturo di cura del territorio e degli elettori - sono stati molto intensi. Al posto dei tradizionali comizi ci sono cene, aperitivi, incontri ristretti in cui illustrare programmi e candidati, con una imbarazzante sovrapposizione di eventi. Così si scopre – anche sui social, che ormai fanno parte integrante della competizione e offrono a tutti una ben più vasta visibilità - che i candidati sono sempre tantissimi rispetto ai posti a disposizione. Qualche domanda sorge spontanea. Come mai tanti candidati quando si sa che la maggior parte non sarà in grado di raccogliere i voti necessari? Quali meccanismi regolano la “discesa in campo”? Si tratta di un irrefrenabile desiderio di “servire” il bene comune? Di dare concretezza all’aspirazione di rendersi socialmente e civicamente utili con le proprie competenze? Di vivere il piacere di “essere comunque in lista”, ritenendo già un onore, una gratifica e un obiettivo quello di essere stato … Individuato, indipendentemente dal risultato? Di raccogliere una sfida (talvolta impossibile) con se stessi? Di avere qualche settimana per poter “sognare” l’ambito scranno? Di rendersi protagonista per breve periodo nell’agone pubblico per un desiderio umanissimo di visibilità non proprio disinteressato? E le liste allora raccolgono i migliori? Forse uno degli elementi di discernimento per indirizzare il proprio voto è anche quello di capire le modalità di “arruolamento” dei candidati. È vero che la democrazia è fatta di numeri e… una manciata di voti può fare la differenza ma la serietà diventa un valore non negoziabile con il miglior offerente di pacchetti di voti.

* Scrittore

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