Il Comune di Milano dovrà fare a meno di 92,4 milioni di euro nei prossimi cinque anni, per l’esattezza quelli compresi tra il 2025 e il 2029. Al secondo posto di questa poco entusiasmante graduatoria, ma decisamente distanziato, ecco il Comune di Brescia che, nello stesso arco temporale, dovrà invece mettere in conto di rinunciare ad oltre 9 milioni di euro. Quindi Bergamo con un taglio di oltre 4 milioni di euro spalmato lungo il quinquennio. Soldi, quelli appena menzionati, ai quali i grandi Comuni, quelli lombardi ma non solo, devono rinunciare per effetto del decreto approvato nell’ambito della Conferenza Stato-Città. Soldi che sono in tutti i casi da devolvere proprio allo Stato centrale a titolo di "contribuzione alla finanza pubblica". Il dettaglio capoluogo per capoluogo è riportato nel grafico pubblicato in pagina. Nel complesso i Comuni lombardi si ritroveranno a dover rinunciare a 316 milioni di euro, se i numeri messi nero su bianco nel decreto saranno confermati dall’esecutivo di Palazzo Chigi di annualità in annualità. Per le Province lombarde e la Città Metropolitana il contributo richiesto alle casse pubbliche è invece di 25 milioni d euro. A livello nazionale, invece, Comuni e Province subiranno un "contributo forzoso" pari ad un miliardo e 740 milioni di euro, sempre da qui al 2029, sempre nell’arco dei prossimi cinque anni.
Per quanto riguarda Milano, le voci da tempo particolarmente esposte alle ricadute negative dei tagli decisi a Roma sono la mobilità e gli investimenti nelle infrastrutture della mobilità, oltre che welfare e servizi. Sul primo fronte vale la pena ricordare tre fattori: le maxirate da onorare per le metropolitane già in esercizio, in particolare per la Metropolitana 4, le cui tranche annue arriveranno a circa 150 milioni di euro, quindi la necessità di tener fede ai prolungamenti promessi sempre in materia di metropolitane (il riferimento è alla Metropolitana 1 come alle Metropolitana 5, senza dimenticare di nuovo la 4) e infine, ma non ultime, le crescenti difficoltà a mantenere il servizio del trasporto pubblico locale sugli standard di corse e frequenze degli anni scorsi. E la mobilità è solo un capitolo, sebbene decisamente centrale nelle politiche e nella visione della Giunta di Palazzo Marino. Nel frattempo, di fronte al decreto e ai suoi numeri, il Pd va all’attacco e cerca di coinvolgere nella partita anche Regione Lombardia.
"Con il decreto approvato nella Conferenza Stato-Città, il Governo impone alla Lombardia un brutale taglio di 316 milioni di euro di risorse nei prossimi cinque anni, sottraendo 290 milioni di euro ai Comuni e 25 milioni alle Province – rimarca Silvia Roggiani, deputata e segretaria regionale del Partito democratico –. È un colpo durissimo agli enti locali, che si tradurrà in meno risorse per servizi essenziali, trasporti, scuole, assistenza sociale e manutenzione delle infrastrutture. Avevamo denunciato questo scempio già durante la legge di Bilancio, ma la destra è andata avanti con la sua scelta irresponsabile. Dalla destra l’ennesima misura contro Comuni e Province, che penalizza la Lombardia e mette in ginocchio i territori. Ora ci chiediamo: il presidente lombardo Attilio Fontana e la sua Giunta difenderanno davvero i cittadini lombardi oppure accetteranno passivamente questa mannaia imposta dalla loro stessa parte politica?".
Tra le ragioni del rallentamento della crescita indicate dall’ultimio studio Svimez ci sono anche questioni di finanza pubblica, nel dettaglio, citando il report, "un quadro di finanza pubblica nazionale che concentra la contrazione del deficit nel 2024-2025". Questo è uno dei fattori specifici del contesto italiano oltre al "peso rilevante del settore automotive" e "un ruolo decisivo della domanda estera, con una forte interdipendenza con l’industria tedesca". Per quanto riguarda le singole regioni italiane, stando allo stesso studio, nel 2025 si prevede per il Veneto una crescita dell’1,2%, dell’1,1% per la Lombardia e dell’1% per l’Emilia Romagna: queste le "regioni più strutturate capaci di compensare la debolezza dell’export con la tenuta della domanda interna". Il rallentamento della crescita è infine dovuto anche a fattori comuni all’area Euro, come il ripristino dal 2024 dei vincoli del Patto di Stabilità europeo, la recessione dell’industria dovuta al calo della domanda per beni durevoli, l’aumento dei costi dell’energia.