
Protesta per l'equo salario
L’ex dipendente che ha sfidato il Consolato generale dell’India a Milano ora ha cambiato lavoro, e fa l’insegnante. La sua battaglia si è conclusa con una sentenza del Tribunale del Lavoro che ha condannato l’ufficio a versarle 20.997 euro lordi e a risarcire spese processuali per un totale di 8.500 euro. Un conto, quindi, di quasi 30mila euro. Soldi che, però, non le sarebbero stati ancora accreditati, mentre le lettere inviate dalla UilPa di Milano per chiedere "il rispetto della sentenza" sono rimaste senza risposta.
Riavvolgendo il nastro, la vertenza affonda le radici nel 2020 quando, in piena pandemia, i rapporti fra l’impiegata e il consolato si erano fatti tesi, anche a causa del congedo straordinario chiesto per assistere il figlio disabile. Una vicenda sulla quale, all’epoca, si era mosso anche il ministero degli Esteri che, sollecitato dal sindacalista Giorgio Dimauro, aveva chiesto informazioni attraverso un "passo formale" sull’Ambasciata a Roma. La donna, italiana, infine aveva rinunciato all’impiego, rassegnando le dimissioni per giusta causa motivate con "mancato pagamento delle retribuzioni e discriminazione subita per motivi di iscrizione al sindacato e per aver chiesto i congedi straordinari".
Naufragati i tentativi di risolvere il caso con la diplomazia, la vicenda è approdata in Tribunale. Le udienze hanno visto sfilare, come testimoni, i dipendenti italiani e indiani dell’ufficio consolare con sede in piazza Paolo Ferrari 8, in pieno centro. La donna, con l’avvocato Francesco Mariani, nel suo ricorso ha chiesto un maxi-risarcimento fra differenze retributive, danni e indennità non pagate. Il consolato, rappresentato dagli avvocati Spiridon Tzembertzis ed Emanuela Angela Gatti, ha proposto invece di "respingere tutte le domande svolte dalla ricorrente in quanto prive di ogni fondamento". Il giudice Giorgio Mariani, infine, ha accolto alcune richieste della lavoratrice, respingendone altre. E ha quantificato il danno in 20.997 euro, mettendo nero su bianco il "diritto al pagamento delle indennità parametrato al livello B2 posseduto, oltre interessi".
Depositata la sentenza, si è aperta la partita per ottenere la somma dovuta. "Da quello che sappiamo il Consolato non ha presentato ricorso in appello – spiega Dimauro, segretario della UilPa di Milano – quindi la sentenza è definitiva". La prima lettera, inviata lo scorso 28 marzo all’attuale console generale a Milano Jamir Ajungla con la richiesta di un incontro, è rimasta senza risposta. Il 19 aprile Dimauro ha scritto all’ambasciatrice dell’India in Italia, Neena Malhotra. Anche in questo caso, nessuna reazione. "Torneremo a rivolgerci alla Farnesina – conclude Dimauro – perché le leggi e le sentenze italiane vanno rispettate".