La storia di Stefano Nava Il calciatore cresciuto qui: "Fare di più per i giovanissimi"

Dall’oratorio San Martino al trionfo con il Milan in Champions nel ’94 contro il Barcellona. Oggi allena i Giovanissimi regionali. "Ogni ragazzo ha un talento: dobbiamo scoprirlo".

La storia di Stefano Nava  Il calciatore cresciuto qui:  "Fare di più per i giovanissimi"

La storia di Stefano Nava Il calciatore cresciuto qui: "Fare di più per i giovanissimi"

di Marianna Vazzana

MILANO

"La vita era più semplice. Le cose che avevamo, ce le facevamo bastare. Ma a Niguarda c’era tutto. Il mio desiderio è che oggi si faccia sempre di più per i giovani: le istituzioni pensino a creare opportunità per loro, soprattutto nelle periferie". A parlare è Stefano Nava, tecnico dei Giovanissimi regionali A del Milan. In maglia rossonera negli anni Novanta, riserva dei difensori Franco Baresi e Alessandro Costacurta, è stato tra i protagonisti della finale di Champions League del 18 maggio 1994 vinta dal Milan 4-0 contro il Barcellona. Ma i primi passi con il pallone li ha mossi a Niguarda, il quartiere in cui è cresciuto e dove ieri si è raccontato nell’ambito delle iniziative per i cento anni dell’aggregazione dell’ex borgo a Milano promosse dal Municipio 9.

Come ricorda la sua infanzia nella zona?

"È stata felice, tranquilla. Io sono stato bambino negli anni Settanta: si scorrazzava per le strade senza paura e la parrocchia di San Martino, in piazza Belloveso, era al centro della vita del quartiere. L’oratorio era il luogo di aggregazione di tutti i ragazzi: in quel campetto io ho iniziato a giocare a calcio. Ma non c’era solo quello. Ricordo quanto mi piacesse il cinema e pure il bar. Era un sogno andare all’oratorio poter mangiare e bere con 10 lire, per noi bambini".

La passione per il calcio è nata allora?

"Sì. Anche grazie alla scuola (io ho frequentato le elementari in via Passerini) che ci faceva sperimentare le varie strutture che il quartiere offriva, non solo gli spazi dell’oratorio. E non ho giocato solo a calcio: pure a tennis. In più, nuotavo alla piscina Siloe. Ne conservo un bellissimo ricordo. Tutto questo mentre portavo avanti anche lo studio. Diventare calciatore, però, era il mio obiettivo".

Dopo l’oratorio, dove proseguì?

"Alla Polisportiva Frassati, sempre nel quartiere di Niguarda, dove giocò anche Giovanni Trapattoni".

Quando torna a Niguarda, oggi, trova il quartiere trasformato?

"Il quartiere sicuramente è diverso ma ha mantenuto quella stessa semplicità che io respiravo da bambino e che ritrovo nelle persone che incontro. Mi piacerebbe però che ci fossero strutture adeguate ai tempi, e parlo di impianti sportivi, per dare sempre più possibilità ai ragazzi. Come dico sempre: ogni ragazzo ha un talento ma se non gli permettiamo di scoprirlo non abbiamo vinto".

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