
La scoperta della malattia la dialisi e l’intervento: "Ho ripreso in mano la vita"
C’è un prima e un dopo nell’esistenza di chi ha avuto un trapianto di rene. Lo sottolinea Linda Pilotto, milanese 72enne, che ha eseguito l’intervento 20 anni fa: "Solo dopo il nuovo rene ho ripreso in mano la mia vita" afferma la donna, ex docente di scienze alle superiori, e oggi nonna a tempo pieno di 4 nipoti, oltre che consigliere Aido Milano. "Ho scoperto di soffrire di rene policistico bilaterale (disturbo ereditario in cui si formano numerose sacche piene di liquido, delle cisti, in entrambi i reni, ndr) solo dopo i 30 anni, a seguito della diagnosi fatta a mio padre a 65 anni, dopo un’ecografia. L’ospedale mi ha spinto a fare subito lo stesso esame ed è così arrivata la conferma. Mi hanno detto che non c’era cura. Mio padre era troppo avanti con l’età per un trapianto ed è scomparso cinque anni dopo. Io sono andata avanti senza aver alcun sintomo per due decenni facendo controlli. Poi a 50 anni la creatinina si è alzata, uno dei sintomi più evidenti di insufficienza renale, e in poco tempo, era il 2002, sono stata costretta a fare la dialisi tre volte alla settimana" racconta Pilotto.
La terapia per rimuovere le scorie prodotte dall’organismo e l’eccesso di liquido dal sangue peggiora la sua qualità di vita: "Dopo aver insegnato al mattino, lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio prendevo l’auto e andavo al San Raffaele dove dovevo rimanere attaccata alla macchina per 4 ore. Ero spossata e sono andata avanti così per oltre un anno". Poi la svolta. "Ero in vacanza a Cavalese, in Trentino, dove c’era un ospedale che mi consentiva di fare la dialisi. La notte fra il 19 e 20 giugno mi hanno chiamato da Milano per il trapianto. “Il rene ha cominciato a funzionare da subito“, mi ha detto il chirurgo. Il primo settembre sono tornata a scuola. Non so chi sia il donatore, come previsto dalla legge. Penso che ignorare l’identità sia la soluzione migliore, sia per metabolizzare meglio l’esperienza a livello psicologico che per evitare episodi spiacevoli da parte dei congiunti che ahimè si sono verificati nei primi anni dei trapianti: dall’attaccamento morboso al ricevente alle richieste di soldi, tradendo lo spirito della donazione". A.L.