Milano, la "quercia di Montale" è stata salvata (e adottata)

Grazie all’impegno della scrittrice Paola Pastacaldi che se ne prende cura da mesi

La scrittrice Paola Pastacaldi al parco pubblico "Indro Montanelli"

La scrittrice Paola Pastacaldi al parco pubblico "Indro Montanelli"

Milano  - "Un albero vecchio non è inutile. Può essere ancora fonte di vita e di ricchezza anche da morto. Ed è per questo che ho deciso di adottare una delle querce più vecchie dei giardini pubblici Indro Montanelli, una quercia rossa di quasi 200 anni", racconta Paola Pastacaldi scrittrice milanese che ha 'salvato', adottandolo, un albero secolare che stava per essere abbattuto. "L’ho fatto in nome della biodiversità perché il legno morto è fondamentale per la coesistenza in uno stesso ecosistema di diverse specie animali e vegetali. La mia quercia pur essendo un albero vecchio, e all’apparenza inutile, ospita una colonia di lucertole, parecchie formiche e molti insetti, tra cui il Cerambyx Cerdo, un coleottero in via d’estinzione, quindi protetto. E anche funghi, muschi, licheni. Ecco perché la 'mia' quercia centenaria si può considerare un concentrato di biodiversità, cioè di diverse forme di vita. Un albero vecchio è in grado di insegnarci il ciclo della vita e della morte", spiega Pastacaldi.

L’albero adottato è famoso anche per essere la 'quercia di Montale', perché, secondo una leggenda, il poeta si recava a meditare e a scrivere proprio sotto questa grande Quercus rubra (quercia rossa), alta dieci metri e con una circonferenza di 481 centimetri. Addirittura una sua poesia nella raccolta 'La bufera e altro' è dedicata proprio a una quercia: “Hai dato il mio nome ad un albero? Non è poco, pure non mi rassegno a restare ombra, o tronco…”. “Non è stato facile riuscire in questa impresa di adozione - spiega Paola, l’ideatrice e la curatrice dell’operazione “Quercia di Montale” – perché l’albero era senescente e quindi, pur essendo uno splendido esemplare, era avviato verso la fine del suo ciclo vitale e aveva perso la sua forza. Il mio desiderio era quello di proteggere la quercia accompagnandola verso una morte naturale, ma senza accanimento terapeutico.

Lasciar fare alle leggi della terra è possibile anche in contesti urbani, basta prendersene cura nel modo giusto", racconta ancora la scrittrice che d’accordo con il comune di Milano è riuscita a realizzare l’adozione della quercia, evitando quindi che venisse abbattuta. Però purtroppo l’albero, ormai indebolito dagli anni, a causa di un forte temporale è collassato. A quel punto non era niente più che un pezzo di legno morto. Ma per la Pastacaldi no. Lei in quell’enorme tronco distrutto ci ha visto la vita e ha cercato di dare un significato letterario, ma anche un ruolo attivo a quel grande pezzo di legno, divenuto anche post-mortem funzionale alla coesistenza di varie specie animali e vegetali del luogo. È prevista una prossima messa a dimora di due talee, veri cloni della pianta, ricavati da dei rami. L’iniziativa, come da contratto del progetto Adotta e Cura il verde di Milano aperta anche ai privati, è ovviamente finanziata da me. Ma ne sono molto felice. Perché il lavoro di comunicazione mi sta insegnando molte cose sugli alberi perché tutti, belli, brutti, vecchi e giovani che siano, sono necessari alla nostra stessa vita.

E in natura a ogni fine corrisponde a una trasformazione. Ora si tratta di farlo capire a chi, invece, dentro quella recinzione di legno, vede solo il cadavere non rimosso di un albero. Io ci sto provando, organizzando numerosi incontri su tematiche ambientali anche nelle scuole”. La storia di questo albero, come metafora di mille altri più poveri.

 

 

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