La parabola del figliol prodigo e della vita

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Andrea

Maietti

Quel che il Vangelo non dice, ma lascia capire.

La parabola del figlio prodigo, per esempio. La parabola della vita. Il figlio che parte al richiamo dei luccicori del mondo. E poi si ritrova un pugno di ghiande tra le mani.

E si pente e ritorna, disposto anche fare da servo nella casa che ha così d’impulso lasciato, senza un pensiero per la coltellata che non ha smesso di sanguinare nel cuore del padre.

Il fratello, quello che non ha voluto partire, ritorna dai campi, chiede di tanta allegria che risuona nella casa e qualcuno glene dice il motivo. E il fratello si rattrista e rimprovera il padre.

Com’è duro il cuore di questo fratello, è il più immediato commento. Il più facile. Poi leggi più attentamente. Il padre non condanna l’amarezza del figlio che non è partito.

Lo capisce e lo consola: "Quello che è mio è tuo".

Il padre rivela al figlio rimasto quanto gli sia grato per la sua fedeltà, quanto lui sia prediletto nel suo cuore di padre: "Quello che è mio è tuo". Di questo aveva bisogno il fratello apparentemente egoista: di sapere che tutta la sua fedeltà e il suo amore di figlio avevano trovato posto nel cuore del padre: doveva saperlo e per un momento ne aveva dubitato.

E allora il figlio “egoista” abbraccia il padre come non ha mai fatto per radicato pudore: piange insieme con lui.

E poi entra in casa e abbraccia anche il fratello che, come succede a quasi tutti sul far di gioventù, non ha resistito alla voglia di fuggire da casa.

Il padre, discosto, sente che adesso potrebbe anche andarsene finalmente: in pace.

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