ANNA GIORGI
Cronaca

Telecamere nel bar, cellulare e testimoni: il killer del Corvetto ha ormai le ore contate

Si stringe il cerchio sulla morte di Ruiming Wang, il cinese titolare del caffè Milano. Per la Procura il colpevole va cercato tra i frequentatori pregiudicati del locale

Il bar Milano all’interno del quale è avvenuto l’omicidio del titolare

Milano -  Le immagini riprese dalle telecamere all’interno del bar "Milano", i due testimoni preziosi, i contatti telefonici scandagliati dagli investigatori fino a qualche ora prima dell’omicidio a una manciata di giorni da Natale. Si stringe il cerchio nelle indagini sull’identità dell’uomo colpevole dell’esecuzione di Ruiming Wang, trentacinquenne di origine cinese, che in piazzetta Angilberto, cuore del Corvetto, chiamavano tutti “Paolo“. Descrivono un quadro già molto chiaro gli elementi, per ora, in mano alla pm Bianca Maria Baj Macario che coordina le indagini sulla morte del mite Paolo che gestiva il bar sulla piazza dal 2012.

Un omicidio spietato nelle modalità, commesso con la rabbia di chi ha subito un torto e vuole vendicarsi senza nemmeno preoccuparsi troppo di essere visto e riconosciuto. Il killer era a piedi, sapeva che avrebbe trovato lì il cinese, come tutte le mattine: è entrato nel locale alle 7 del 19 dicembre, a saracinesche appena alzate e ha fatto fuoco, per poi allontanarsi ancora a piedi, senza guardarsi intorno per controllare se qualcuno lo aveva visto entrare, sparare e allontanarsi. Il bar "Milano" è un punto di ritrovo di molti che abitano quell’incrocio di quattro vie, soprattutto per la colazione, il mattino presto.

Paolo era lì, in piedi, quando è entrato l’assassino è crollato proprio davanti al bancone, i proiettili lo hanno colpito al torace e al collo. Non ha avuto neppure il tempo di reagire. Poi il killer è uscito dal bar e si è allontanato, ancora a piedi, come raccontano le immagini delle telecamere. Per gli investigatori non sarebbe un omicidio maturato fra cinesi, bensì all’interno delle frequentazioni di quartiere. "Paolo era riservatissimo - raccontano i ragazzi che gestiscono il ristorante sudamericano della piazza - mai una parola di più.

Se salutavi tu per primo, allora rispondeva, altrimenti stava in silenzio. Sempre lì, dietro il bancone da solo, ogni giorno, feste comprese. Di mattina alle 7 le colazioni, poi il pomeriggio gli anziani del quartiere o i ragazzi che giocavano a ping pong, per avere le palline bisognava andare da lui, anche per questo lo conoscevano tutti". Una moglie, un figlio, una mamma, pochi contatti, vita al di sopra di ogni sospetto. Almeno all’apparenza. Cosa può avere scatenato, quindi, tanta rabbia?

Quale il motivo di una vera e propria esecuzione? Le uniche pieghe in una esistenza quasi anonima, vanno cercate tra le frequentazioni del suo bar, chiuso più volte, in passato, da provvedimenti del questore. Italiani per lo più gli avventori e pregiudicati. Perché il quartiere che oggi risente di una lenta gentrificazione è diviso tra le nuove generazioni attirate dalla riqualificazione e gli abusivi ad occupare ancora le vecchie case popolari che sorgono appena poco più in là della piazzetta con il tavolo da ping pong.