"Io, esule, racconto la mia vita in un libro" Il filo spinato, la fuga e i parenti uccisi

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di Alessandra Zanardi

"I totalitarismi, tutti, sono stati il cancro del Ventesimo secolo. Ideologie senza nulla di umano, hanno esacerbato gli animi e si sono macchiati di atrocità infinite. Ai ragazzi delle scuole non tengo lezioni di storia, ma racconto la mia esperienza di esule". Scrittore e grafico, Ambrogino d’oro nel 2022 e disegnatore del monumento ai martiri delle foibe di Milano, il segratese Piero Tarticchio (nella foto), 86 anni, di origine istriana, è tra le migliaia di civili italiani che negli anni Quaranta, sul confine orientale della Penisola, furono costretti all’esilio dalle milizie del maresciallo Tito. Sette tra i suoi parenti, fra i quali suo padre e un cugino sacerdote, furono uccisi e gettati nelle foibe. Il giovane Tarticchio aveva solo 10 anni quando, insieme alla madre, iniziò il suo esilio prima a Trieste, quindi a Taranto e poi a Milano, "a seconda di dove si trovava ospitalità". "Mio padre - racconta -, commerciante di generi alimentari, fu prelevato di notte e imprigionato, con le accuse, assurde, di essere italiano, fascista e sfruttatore del popolo. Era il maggio del 1945. L’ultima volta che lo vidi, affacciato alla finestra della sua cella, aveva la barba lunga e gli occhi infossati. Poi non se ne seppe più nulla". "Anche don Angelo Tarticchio, lontano cugino di papà, venne imprigionato, torturato e gettato in una cava di bauxite. Dopo il suo funerale mio nonno pronunciò la frase “sono scesi i lupi dai monti”". "Sono scesi i lupi dai monti", a simboleggiare la ferocia dell’animo umano, è anche il titolo di uno dei libri di Piero Tarticchio, un volume che ripercorrere la sua storia e quella della sua famiglia.

Al libro, che è già stato presentato in diversi Comuni fra i quali San Donato e Melegnano, è dedicato l’incontro di oggi alle 18.30 nella biblioteca di Pantigliate e quello di domani alle 21 nella sala consiliare di Colturano. "Dopo la scomparsa di papà, io e la mamma scappammo dal nostro paese, Gallesano, attraverso le campagne - prosegue -. Ancora oggi mi capita di rivivere in sogno il violento temporale che si scatenò quella notte e i reticoli di filo spinato che dovemmo oltrepassare durante la fuga". Come molti esuli, Tarticchio è riuscito a ricostruirsi una vita, ma non dimentica l’orrore. Una storia che lo scrittore racconta anche nelle scuole, per sensibilizzare i ragazzi ad approfondire una pagina tra le più drammatiche nel passato recente del nostro Paese.

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