
Mago Forest
Milano, 4 giugno 2016 - «Milano è una città magica». Parola di Michele Foresta alias il Mago Forest. «Qui ho realizzato il mio sogno di far ridere la gente».
Da quanto tempo vive a Milano?
«35 anni. Ci sono arrivato nel 1980 per fare il militare. Fui assegnato al carcere di San Vittore, dove c’era fermento perché da poco era scappato Renato Vallanzasca. Ma anche nel resto del paese la tensione serpeggiava per via della strage di Bologna. La mia passione è stata sempre la recitazione. A cominciare da scuola. Mi sono diplomato alla ragioneria di Nicosia, il mio paese di origine, vicino Enna. Un posto che conosci solo se ci devi andare apposta. Sono uscito con il minimo, 36/60. Ma in classe mi divertivo imitando gli insegnanti».
Insomma doveva tirare fuori l’artista che è in lei?
«Volevo frequentare una scuola di teatro. Le prime esibizioni le avevo fatte per i miei commilitoni. Dopo il servizio di leva, decisi di restare a Milano e trovarmi un lavoro. Cominciai come barista in un bar di via Larga. Alle sei del mattino preparavo le colazioni per i vigili di piazza Beccaria, alle sei della sera frequentavo una scuola di recitazione. Era “Il Palcoscenico” di Asker Pandolfini in via Poliziano. Mi esibivo ne “L’ultimo metro”, un locale di viale Monza. Anche al Ricky’s di via Fieno, che proponeva numeri di burlesque di drag queens e alla Corte dei Miracoli. Poi Giancarlo Bozzo, direttore artistico di Zelig, chiese a Pandolfini di mandargli qualche nuovo comico. Ecco la mia occasione: il provino andò bene e cominciai nel tempio del cabaret. Era il 1986».
Un momento, non dimentichiamoci di Milano. Dove viveva?
«I primi sei mesi a casa dei miei zii, Enzo e Marisa, in zona Niguarda. Poi avevo trovato una pensione in via Torino, la “Varavima”. Avevo 20 anni, era il 1981. L’anno dopo la mia prima casa, in via Padova 228, la strada del mio cuore dove ho vissuto dieci anni».
Perché le piace?
«Rappresenta l’inizio della mia vita milanese. Negli anni ’80 non era facile trovare case in affitto a Milano, io riuscii a farcela: un bilocale con cucina a vista in uno stabile di ringhiera. Era bello fare la vita di condominio. Il mio vicino di casa, Roberto, per me “l’uomo più buono del mondo”, suonava in un complesso, gli “H2O”. Sapeva che mi piaceva fare le “magie”, avevo imparato da un prestigiatore in Sicilia. Così mi presentò al suo impresario per esibirmi in serate in cui univo magia e comicità».
Era nato il Mago Forest?
«Sì, diciamo che cominciai a capire cosa sul palcoscenico mi faceva sentire più a mio agio. Intanto la vita scorreva in via Padova. Non avevo l’auto e mi spostavo con la mitica 56, il mio autobus preferito. Piazzale Loreto era la mia Piccadilly Circus».
Tutto bene in via Padova? Mai nessun problema?
«Via Padova è il termometro della vita che cambia. Allora c’erano molti meridionali. Oggi è il melting pot delle etnie. E’ chiaro che qualche problema di convivenza ci può essere, ma non deve essere strumentalizzato a fini politici. Io ho ancora mia zia Lina che vive in via Padova e non le è mai accaduto nulla. Anzi posso citare Neruda? »
Certo cosa dice Pablo Neruda?
«"Potete strappare tutti i fiori ma non potete fermare la primavera”, per dire che non si può arrestare il flusso delle popolazioni. Cinesi, cingalesi, egiziani, peruviani, penso a loro e ai loro figli. Quei bambini che frequentano le scuole del Parco Trotter, quei piccoli che saranno il futuro con i nostri figli. Per questo aiutiamoli a crescere perché tutti insieme saranno la Milano di domani».
Quando è arrivata la tv nella sua carriera?
«Nel 1988 con Arbore in “Indietro tutta”. Renzo mi provinò e mi diede una pacca sulla spalla, per dirmi che avevo trovato la formula giusta tra magia e cabaret. Poi ho fatto "Zelig" e per nove anni le varie edizioni di “Mai dire” con la Gialappa’s. Ora però giro l’Italia con il mio show teatrale “Motel Forest” ».
Se potesse, quale magia farebbe per Milano?
«Questa è una città unica, che a me sembra un museo a cielo aperto, monumento della contemporaneità e dell’arte di strada. Mi piacciono i suoi graffiti, i murales di Pao con i suoi pinguini urbani, le saracinesche decorate. La magia che vorrei fare? Quella di abbattere le barriere mentali, il resto lo rivelerò quando mi candiderò a sindaco di Milano». di MASSIMILIANO CHIAVARONE mchiavarone@gmail.com