Incidenti sul lavoro, l’ultimo schiaffo: "Sei caduto? Colpa tua, paga i danni"

Infortunati in ospedale costretti a difendersi dalle contestazioni delle aziende, un calvario di carte bollate. Strategie sempre più aggressive in Tribunale: puntano a processi infiniti e a bloccare i risarcimenti

Un presidio dei sindacati contro gli infortuni sul lavoro

Un presidio dei sindacati contro gli infortuni sul lavoro

Milano - ​La contestazione disciplinare, recapitata dopo l’incidente sul lavoro, suona come uno schiaffo per chi ha rischiato la vita nel cantiere. "L’infortunio a lei occorso – si legge nella raccomandata inviata dall’azienda all’operaio – è interamente attribuibile a sua responsabilità esclusiva".

Il lavoratore, caduto dal tetto, viene accusato di "non aver utilizzato i dispositivi di protezione individuali" e, inoltre, di aver provocato alla ditta "un danno economico e all’immagine molto rilevante anche se allo stato non ancora interamente quantificabile". Così la colpa dell’incidente viene scaricata sulle spalle di chi lo ha subito, che in questo modo rischia di rimanere senza il risarcimento dell’assicurazione e anche di perdere il posto, perché la contestazione disciplinare potrebbe essere l’anticamera del licenziamento.

Non è un caso isolato, quello finito sul tavolo della Uil Milano e Lombardia e impugnato dall’avvocato Marco Favara, ma il segno di una "strategia difensiva sempre più aggressiva da parte delle aziende", soprattutto nel settore dell’edilizia, quando l’infortunio è di una gravità tale da comportare l’apertura di un fascicolo d’inchiesta da parte della Procura. "Abbiamo notato di recente un cambio di atteggiamento rispetto al passato – spiega il legale – mentre prima le aziende puntavano a raggiungere l’accordo con il lavoratore per il risarcimento e a ottenere un patteggiamento, limitando i danni, adesso sono sempre più frequenti i casi di contestazioni disciplinari emesse subito dopo l’infortunio, incolpando il lavoratore di non aver rispettato le norme. Sono contestazioni che non stanno in piedi, ma hanno l’effetto di bloccare o ritardare i risarcimenti. Le aziende preferiscono andare a processo, 'scommettendo' sui tempi lunghi della giustizia per ottenere la prescrizione del reato".

Solo l’ufficio legale della Uil Lombardia sta seguendo cinque casi 'fotocopia', con ditte che si “autoassolvono“ anche di fronte all’Inail.​ "La società non può in alcun modo essere ritenuta responsabile dell’infortunio – si legge in una delle contestazioni – atteso che la manovra posta in essere è stata frutto di una sua iniziativa personale imprevedibile ed imprudente. La società deve ritenersi assolutamente estranea alla vicenda". In questo caso l’operaio era caduto da un carrello elevatore, nel tentativo di raggiungere dei cassoni per i rifiuti posizionati ad alcuni metri di altezza, riportando un grave trauma. In questo modo chi subisce un infortunio deve affrontare, oltre a cure, riabilitazione e invalidità che sconvolgono la vita, anche un calvario fra carte bollate e burocrazia, difendendosi dalle accuse rivolte dal suo stesso datore di lavoro.

"I dati nella nostra regione sono allarmanti – spiega il segretario generale della Uil Milano e Lombardia, Enrico Vizza – dal punto di vista degli infortuni ma anche delle malattie professionali. Abbiamo chiesto all’ormai dell’ex assessore Moratti un’attenzione particolare sulla “formazione on the job“, direttamente sui luoghi di lavoro, focalizzando la nostra attenzione anche sulle malattie professionali che in molti casi si manifestano solo dopo un periodo lavorativo o l’utilizzo di determinati materiali o prodotti". Le cause seguite dal sindacato sono un spaccato della 'giungla' del lavoro, soprattutto nell’edilizia. Lo scorso 8 agosto un operaio si è ferito a una gamba con una sega circolare, mentre tagliava una lastra appoggiata su due secchi rovesciati in un cantiere a Sedriano. La ditta, dopo l’infortunio, è scomparsa. È emerso che non aveva neanche un’assicurazione. Lo scorso 13 luglio un 25enne ha perso un occhio, dopo l’infortunio sul lavoro in via Principe Eugenio a Milano. Anche in questo caso ha dovuto rivolgersi al sindacato, per far valere i suoi diritti. Un altro operaio, rimasto paralizzato dalla testa in giù, ha dovuto nominare un amministratore di sostegno per firmare i documenti.

 

 

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