
La moto del povero Aristide “Franco” Dentice: aveva compiuto 65 anni il 4 novembre
Milano, 22 novembre 2019 - «Una persona splendida, speciale nella sua normalità. Pensava alla famiglia, al lavoro, alla sua cagnolina Luna, un labrador. Rallegrava le giornate con piccoli gesti: per esempio mi lasciava sempre cassette di frutta fuori dalla porta». A tracciare un ritratto di Aristide Dentice, per tutti Franco («il nome ufficiale compariva solo alle riunioni condominiali») pensa Priscilla Santerini, una sua vicina di casa. L’uomo, 65 anni compiuti il 4 novembre, era originario di Torre del Greco ma risiedeva a Milano da decenni. Viveva in un condominio di viale Piceno, a un centinaio di metri dal punto in cui mercoledì all’alba è stato travolto, mentre viaggiava sulla sua moto Yamaha Frazer 600, diretto all’Ortomercato dove lavorava per una ditta che vende frutta e verdura all’ingrosso. Preso in pieno dalla Fiat Panda guidata dal 26enne Flavio La Manna. Dopo l’incidente, il giovane si è sparato un colpo alla tempia. Per entrambi non c’è stato nulla da fare: all’ospedale in condizioni gravissime, sono morti poco dopo. «Qui siamo tutti in lutto, il nostro palazzo è come una famiglia, ci conosciamo tutti e siamo pronti ad aiutarci l’un l’altro. La disgrazia ci ha sconvolti», sottolinea la signora Santerini. Ricorda Franco come «spiritoso e amabile. Lo conoscevo dal ’69, era un ragazzo. Io e sua famiglia abbiamo acquistato casa nello stesso momento».
Un legame alimentato nel tempo da cortesie e supporto reciproco. «Io milanese, lui napoletano. Siamo sempre andati d’accordo. Sceglieva con cura la frutta da regalarmi, a seconda dei miei gusti e della stagione: mi faceva trovare mele fuori dalla porta, tra un po’ sarebbe stato tempo di arance. Io invece gli avevo lasciato la mia cantina. Al di là di questo, ci volevamo bene. E io sono molto affezionata a sua moglie e ai suoi due figli. Ora vorrei essere loro di conforto ma penso che la cosa migliore da fare sia rispettare il loro dolore, bisogna lasciar passare tempo». Dentice lavorava da una vita all’Ortomercato, prima nella ditta del padre e ora per un’altra. Si occupava di contabilità e rapporti con i clienti. E aveva sempre vissuto in viale Piceno. Aveva lasciato la casa di famiglia una volta sposato, restando però in zona, era tornato nell’appartamento dopo la morte dei genitori. «Il destino si è fatto beffa di lui: da poco tempo aveva finito la ristrutturazione della casa. Non faccio che pensare che sia stata una questione di attimi: bastava un contrattempo, sarebbe ancora vivo. Ma è inutile pensarci. Difficile abituarsi all’idea che il nostro Franco non ci sia più».