Incidente tra filobus e mezzo Amsa: l'addio a Shirley a Milano, poi a casa

A giorni l’autopsia della donna di 49 anni baby-sitter filippina.Nelle scorse ore l'arrivo della figlia Angie

Shirley Calangi

Shirley Calangi

Milano, 11 dicembre 2019 - «A vederla per l’ultima volta è stato suo fratello, lunedì pomeriggio. Ora la salma di Shirley è a disposizione dell’autorità giudiziaria per tutti gli eventuali accertamenti che verranno disposti. Non appena sarà possibile celebreremo i funerali a Milano, la città che amava. Poi Shirley tornerà nelle sue Filippine». Lo fa sapere Cristian Ghinaglia, il compagno di Shirley Calangi, la quarantanovenne filippina catapultata fuori dal filobus 90 dopo lo scontro con un camion dell’Amsa sabato mattina all’incrocio tra viale Bezzi e via Marostica e deceduta domenica al Policlinico per le gravissime ferite riportate. La donna, arrivata in Italia nel 2007, che lavorava come baby sitter per conto di una famiglia ed era amatissima dai bambini di cui si occupava, quella mattina stava andando a trovare un’amica per cominciare il suo weekend spensierato.

Avrebbe trascorso il pomeriggio con il fidanzato, con il quale sarebbe poi andata a una festa la sera. Tutto cancellato per sempre, perché quell’incidente l’ha strappata alla vita. Dopo il pellegrinaggio al Policlinico di amici e conoscenti, i segni dell’affetto verso la donna si allungano sullo spartitraffico teatro dello schianto: per Shirley fanno capolino mazzi di fiori colorati, per non dimenticarla, per ricordare una morte a cui nessuno sa dare una spiegazione. E oggi arriverà a Milano da Manila Angie, la sua amata figlia 26enne avuta con il marito da cui si era separata anni fa nelle Filippine. «Ringraziamo tutti coloro che si sono attivati affinché potesse partire, sia al Consolato e sia in Comune», sottolinea Ghinaglia.

Tra mamma e figlia c’era un legame molto forte. Shirley aveva scelto una foto in bianco e nero, che le ritraeva vicine e sorridenti, da pubblicare sulla copertina della sua pagina Facebook. «Shirley lavorava in Italia anche per dare un futuro migliore a sua figlia, rimasta nelle Filippine», aggiunge il compagno. Ringraziamento anche «a tutte le persone che ci stanno manifestando affetto e vicinanza, dai medici dell’ospedale ai datori di lavoro di Shirley agli amici di sempre. Tanti messaggi arrivano anche da chi non la conosceva, segno che la città le è vicina. Adesso per noi è il momento del dolore, stiamo avendo un po’ di respiro dopo giornate senza pace, passate tra ospedale, Consolato e obitorio».  

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