ROBERTA RAMPINI
Cronaca

In soccorso dei giovani drogati: "Mio figlio mi ha insegnato"

A 82 anni Dino Scaldaferri prosegue ad aiutare i ragazzi tossicodipendenti nel nome del suo Fabio

Dino Scaldaferri

L’andatura è di chi ha vissuto intensamente e conosce bene la strada. Magari ha davvero "la garanzia scaduta", come dice scherzosamente, ma ha ancora voglia e passione per continuare a camminare. Lui è Dino Scaldaferri, 82 anni di Rho, da 30 impegnato come volontario accanto a giovani tossicodipendenti.

Non è stato lui a scegliere di aiutare i drogati, è stata una richiesta del figlio Fabio, morto nel 1986 a 24 anni. "Avevo un bel lavoro, mio figlio era riuscito a uscire dal tunnel della tossicodipendenza, ma era malato di Aids in un’epoca in cui non c’erano le cure che abbiamo oggi e i sieropositivi erano visti come untori – spiega Dino –. Nei tre mesi finali della sua vita, quando era ricoverato all’ospedale di Busto Arsizio, lo andavo a trovare tutti i giorni. Abbiamo imparato a conoscerci, Fabio è stata la mia “università“, mi ha fatto riflettere sulla vita, ho capito di essere stato un padre assente, di non averlo osservato abbastanza e di aver fatto tanti errori. Prima di morire mi fece una richiesta: aiutare i ragazzi caduti come lui nella droga".

Dino ha mantenuto la promessa, ha cambiato la sua vita, rinunciato al suo lavoro di rappresentante e, partendo dagli amici di Fabio, ha cominciato a dedicarsi solo ed esclusivamente ai ragazzi, che con il passaparola diventano un centinaio nel giro di pochi anni. Li ha incontrati sulla strada, nelle carceri dove entra come volontario, nelle comunità, gli sono affidati dal Tribunale o dalle coincidenze della vita, "sono ragazzi fragili, insicuri, con poca autostima e spesso soli, si sentono una nullità – spiega Dino – la droga per loro è un rifugio, cercano nella sostanza una soluzione ai loro disagi. Io per loro sono un pronto soccorso, una navetta".

Energia, passione, tempo, Dino ascolta e aiuta i ragazzi, spesso ha messo a disposizione anche la sua casa. Giorno e notte, "come quando ho incontrato Katia per la prima volta, ventenne, dolce, fragile, viveva una situazione drammatica, faceva uso di droga, alcol, rimase incinta e iniziò a commettere piccoli reati: fu la madre a contattarmi per cercare di aiutare sua figlia". Nomi, volti e storie, ma anche testimonianze, sono diventate un libro, “Mio figlio mi ha insegnato“. L’idea di scriverlo è stata di Alessandro Muliari, 28enne: "Mi sembra un’ingiustizia se la storia di Dino andasse perduta".

"Ho accettato di scriverlo – spiega Dino – per continuare ad aiutare chi si trova in difficoltà, qualche amico mi ha consigliato di lasciar stare considerata la mia età, ma non riesco ad abbandonare i giovani e le famiglie che credono in me".