Il tormento e l’estasi: "Gli ultimi giorni di Van Gogh: la pittura su tutto"

Marco Goldin racconta la vita dell’artista nelle settimane prima del suicidio

Il tormento e l’estasi: "Gli ultimi giorni di Van Gogh: la pittura su tutto"
Il tormento e l’estasi: "Gli ultimi giorni di Van Gogh: la pittura su tutto"

Viaggio al termine della notte. Con protagonista Vincent Van Gogh, raccontato nelle settimane appena prima della morte. Breve stagione di solitudini ed entusiasmi. Come racconta Marco Goldin nel suo “Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato“, già romanzo per Solferino e da qualche tempo in giro per teatri, lunedì 9 in replica unica al Manzoni. Con lo studioso trevigiano (ampissima la sua attività di curatore) ad accompagnare per mano in una narrazione immersiva, dall’impianto video imponente. Impreziosita dalle musiche di Franco Battiato.

Goldin, com’era dunque Van Gogh nei suoi ultimi giorni? "Un uomo tormentato ma di grande pienezza nella pittura. Che dopo l’uscita dalla casa di cura di Arles, visse due mesi piuttosto altalenanti, come scriveva lui stesso nelle lettere. Prima che l’umore precipitasse ad inizio luglio 1890, dopo un ultimo incontro con il fratello".

Cosa successe?

"Theo stava cambiando lavoro, voleva aprire una sua piccola galleria d’arte. E questo fece erroneamente pensare a Van Gogh che presto non avrebbe più avuto il suo aiuto economico, dopo che nei fatti era stato il fratello a mantenerlo nei precedenti dieci anni. Anche se le ragioni che poi lo spinsero al suicidio rimangono molteplici, la relazione familiare è solo uno degli aspetti".

Dal punto di vista artistico? "Fu un periodo estremamente produttivo, perfino in quei venti giorni conclusivi, con il ciclo dei campi di grano in formato orizzontale. Quadri celebri, a conferma che la pittura proseguì nel suo percorso, nonostante tutto".

Cosa l’ha incuriosita maggiormente della vicenda?

"Van Gogh lo studio da 25 anni, curando mostre e portando in giro spettacoli. E per me la sua pittura è sempre al primo posto. Ma fin da ragazzo cerco di osservare l’arte legandola agli altri aspetti dell’esistenza, in dialogo con l’uomo. In questo senso Van Gogh è forse l’artista che più fa emergere la vita dentro l’opera. La sua pittura è vita, all’interno di un profilo complesso di uomo coltissimo e lettore onnivoro, in grado di parlare quattro lingue".

Come si trova a teatro?

"Il palcoscenico mi accompagna da vent’anni. A lungo è stato un modo di avvicinare il pubblico alle mostre attraverso spettacoli a tutto tondo, evitando la semplice conferenza. Nel 2018 però il manager di Battiato mi ha proposto di produrre lavori pensati appositamente per le stagioni teatrali e questo è il secondo risultato della collaborazione, segnata da una sensibilità che mi accompagna da sempre, quella di unire linguaggi e ambiti diversi".

L’allestimento è imponente. "La parte visiva è di nuovo fondamentale, con tre schermi e una lunga passerella in cui mi muovo circondato dai video e dalle pitture. Una comunicazione suggestiva per raccontare appunto della vita ma anche della pittura, attivando tutti i sensi per arrivare a quella poesia che poi vorrei che gli spettatori si portassero a casa. Sempre consapevoli che il primo obiettivo rimane produrre conoscenza".

Diego Vincenti

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