
Panzeri, 32 anni, ex campione del wrestling, si diploma col massimo al Molinari "Sono tornato sui banchi per migliorare e imparare. E ora punto all’università".
"La tensione prima dei match è la stessa che ho provato alla maturità, come il sollievo e la soddisfazione dopo gli incontri: è un po’ come vincere uno dei titoli che ho guadagnato ai tempi d’oro". Riccardo Panzeri, 32 anni, è Rick Barbabionda nel mondo del wrestling ed esce dall’istituto tecnico Molinari non solo con il diploma in pugno, ma con il cento e lode.
Perché ha deciso di tornare a studiare?
"Alla mia età non è scontato. Ci vuole una buona dose di umiltà: bisogna superare quel “non torno più dietro il banco, non sono un ragazzino“ e capire che c’è sempre qualcosa da imparare e da guadagnare a livello di conoscenza. L’obiettivo alla partenza era migliorare me stesso, non l’ho fatto solo per l’ambito lavorativo ma per una questione di auto-improvement. E la mentalità sportiva mi ha aiutato".
Ha frequentato il corso serale di Informatica al Molinari.
"Avevo già provato a studiare da privatista, perché il lavoro che avevo prima era in fascia serale, ma mi sono reso conto che non era quello che volevo. Tecnicamente avevo l’idoneità a partire dalla quinta, ma ho deciso di ripartire dalla terza - qui al Molinari - perché non volevo strappare il diploma, volevo imparare: mi affascinava l’idea di poter diventare veramente un professionista legato all’informatica. A 32 anni avere un “pezzo di carta“ in più vale fino a un certo punto, le competenze sono molto più preziose. Ho cambiato lavoro per poter frequentare la scuola serale. Da ragazzino non sono stato esattamente uno studente brillante. Quando ho iniziato qui mi aspettavo di dover sopravvivere, mi dicevo: “Farò del mio meglio, in qualche modo passerò“. E invece ho scoperto che sono capace".
E chiude il cerchio con il cento e lode. Andrà all’università?
"L’idea è quella: vorrei studiare sicurezza delle reti informatiche, a luglio ho il test alla Statale di Milano. Lavorerò nel frattempo, ho imparato a pianificare. E questo mi dà fiducia nell’affrontare un percorso universitario".
Che lavoro fa oggi?
"Il lavoro che ho cominciato a fare durante la carriera sportiva: io ero lottatore di wrestling e il wrestling in Italia non permette “di mangiare“, quindi dovevo trovare un altro impiego. Sono venditore telefonico, uno dei lavori più odiati della storia, e qui si spiega anche la parlantina, però a mia difesa posso dire che ho una tecnica di vendita molto “soft“, non rompo le scatole alla gente, non mi piace insistere. Sono la persona meno invadente del mondo e sono molto introverso".
Non proprio come l’abbiamo vista sul ring. Com’è nata la passione per il wrestling?
"Viene dall’infanzia: nel 2003, quando ero alle elementari, tutti quanti guardavano il wrestling, lo davano su Italia 1. C’è stato il boom. Prima di vederlo mi sembrava una cosa stupida, poi mi sono innamorato e, quando è passato di moda, mi è rimasta la passione. Sognavo di poter diventare wrestler un giorno, anche se non era una strada facile. Ci ho provato: se non l’avessi fatto mi sarebbe rimasto il rimpianto per sempre. Mi sono iscritto a un corso a Lodi, il mio allenatore era Mr Excellent, l’allenatore più tecnico d’Europa".
È nato così Rick Barbabionda.
"Mi sono chiamato così perché avevo uno stile molto barbaro, molto ignorante. Sono diventato aiuto allenatore e allenatore. Ho vinto diversi titoli, mi sono tolto degli sfizi: sono stato campione italiano per i pesi leggeri. Da piccolo guardi il wrestling con occhi diversi, poi capisce che è un’arte molto simile al teatro. È sport e teatro insieme, è psicologia, pianificazione, logica. I wrestler non sono “scemi“ come può sembrare, fa parte dello spettacolo: ci vuole una bella testa per capire la psicologia del pubblico, per sapersi reinventare come lottatore in base a chi hai davanti, dalle famiglie ai nerd".
Quando ha smesso?
"Ho continuato fino a poco dopo il periodo del Covid. Gli spettacoli si erano un po’ fermati, come tutto. Ma è stato un bel momento per me per riflettere, capire che l’età era cambiata, come il mio modo di vedere la vita. Era arrivato il momento di chiudere una parentesi per aprirne un’altra, anche se è stato duro visto che era diventata la mia vita. Ho parlato di maschera pirandelliana all’esame di Maturità: ecco, ho dovuto lasciarmi alle spalle la maschera di Barbabionda e tornare a essere Riccardo. Nel wrestling bisogna essere anche un po’ più “politicanti“ e io, che sono introverso, faccio fatica a fare i conti con quella parte. Ma, come diceva il mio maestro, la crema viene sempre in superficie: mi sono tolto le mie soddisfazioni, in Italia e all’estero, e mi sono guadagnato la nomea di wrestler affidabile. Adesso guardo avanti".
Dove vede il suo futuro?
"Mi piacerebbe lavorare sempre nell’ambito informatico, nella sicurezza di reti. Vedremo cosa mi riserverà il futuro. Per hobby studio anche giapponese, ho cominciati traducendo fumetti e continuerò a coltivare questa passione, che ho accantonato in questi mesi per dedicarmi in tutto e per tutto alla Maturità".
A chi dedica questa lode?
"Alla mia fidanzata, Flavia, che mi ha supportato sin dall’iscrizione in terza. Le ho scritto che l’amavo in codice: io sono matematico e logico, lei è un’artista. Gli opposti si attraggono. E poi alla mia famiglia, che mi ha sostenuto tra studio e lavoro: non ho avuto un contratto particolarmente stabile in questi anni. Avere una famiglia dietro che ti dà coraggio e che ti dice di continuare a studiare, qualsiasi cosa succeda, è importante".