Il mio giorno da incubo tra bici e monopattino

In corso Venezia si rischia la vita, auto e furgoni sulla ciclabile di viale Marche. Promosse le piste al Castello, in Triennale e Porta Nuova

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di Federico Dedori

I milanesi sono pronti a lasciare il volante delle auto per afferrare il manubrio? Io ci ho provato ieri dalle 8.30 alle 17 usando bici e monopattini elettrici: la mia giornata nel traffico della fase 2 dell’emergenza coronavirus. La città è già nel pieno delle sue attività quando salgo in sella alla bici in corso Buenos Aires, direzione Triennale. Qualche tentennamento, poi inizio la mia corsa e subito capisco che Milano è ancora una città “in altalena”: si hanno vie nuove completamente asfaltate, altre piene di buche, con sampietrini e rotaie. È il caso della ciclabile che attraversa piazza Repubblica, dove per mantenere il controllo della bici devo fare movimenti più da pista di MotoGP che da città, schivando intrepidi ciclisti e lavoratori in ritardo. Arrivato all’angolo tra corso Buenos Aires e Porta Venezia in direzione Loreto, la strada è bloccata e capisco le criticità emerse negli ultimi giorni. Da ogni parte sfrecciano intorno a me auto che ignorano segnaletica e cartelli stradali, ma anche persone in bici che non rispettano i semafori. Vedendo tanta confusione penso subito che la colpa forse, non è solo di Palazzo Marino: gli stessi cittadini non sono esenti da responsabilità. Spesso però, a riportare alla realtà ciclisti e automobilisti sono le frenate improvvise che sfiorano tragedie, tra autisti impegnati al telefono e persone in sella immerse nei loro pensieri.

Ma non è tutto da buttare, il piano ambizioso di trasformare la viabilità verso una nuova forma green è fattibile: l’esempio lampante sono le ciclabili lungo i Bastioni di Porta Venezia, di viale della Liberazione e intorno al castello Sforzesco fino alla Triennale. Giunto a destinazione, scendo dalla sella e salgo sul monopattino elettrico, direzione stazione Centrale. Per tutta la giornata in bici o sul monopattino non ho dovuto solo pensare a quello che stavo facendo ma soprattutto a quel che avrebbero fatto gli altri: intorno a me bici contromano, auto che svoltano incuranti della ciclabile, scooter e auto nella corsia riservata alle bici in viale Marche. Non bastano nuove ciclabili, servono regole e un cambio di mentalità. È il momento delle scelte coraggiose e se il Comune è convinto della strada che ha iniziato a percorrere, in vista di settembre - con le scuole riaperte - deve trovare un modo per mettere in sicurezza tutti: pedoni, ciclisti, centauri e automobilisti. Ma la strada è ancora lunga.

Percorrendo ieri la strada tra corso Buenos Aires e San Babila, decine di furgoni e auto sui parcheggi riservati alle moto. Spesso nel tragitto in monopattino finisco all’improvviso da una pista ciclabile al bel mezzo della strada, dove tra insulti e clacson molti ciclisti decidono di passare sui marciapiedi mettendo in pericolo i pedoni. Nella mia giornata da ciclista, tra le mille insidie, mi sono sentito un piccolo animale nella foresta amazzonica: terrorizzato e privo di protezioni. Certo, pedalare fa bene. Ma nonostante la mascherina, ho un odore acre nel naso ad ogni respiro.

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