
Il liceo primo per Scienze applicate: "Attenzione al singolo alunno senza abbassare l’asticella. E si impara da prove ed errori"
Da tre anni di fila il liceo della Comunità Ebraica, dedicato a Federico Jarach, è il migliore liceo scientifico di Milano per l’opzione delle scienze applicate. Ed è la quarta volta in cinque anni che conquista la vetta della classifica di Eduscopio, redatta dalla Fondazione Agnelli sulla base dei risultati degli ex studenti all’università. Accanto al nido, alle scuole primarie e medie, studiano oggi 140 studenti delle superiori. "Abbiamo classi di 18-20 ragazzi: il giusto numero per seguire ciascuno, gestire le fragilità e lavorare bene in gruppo", spiega il preside Marco Camerini, accompagnandoci alla scoperta della scuola dei record e dei suoi laboratori con Dany Maknouz, professoressa di Matematica e Informatica.
"Nelle materie scientifiche si tende a pensare che ci siano studenti “portati“ o meno: non è così e qui lo dimostriamo – sorride la prof –. C’è l’attenzione al singolo, che viene proiettato in avanti senza abbassare l’asticella. Tutti raggiungono gli obiettivi, con i loro tempi, dando il massimo. Si procede per tentativi ed errori, si impara a gestire il fallimento. Le lezioni sono laboratoriali: anche in informatica si inizia programmando, la spiegazione viene dopo". Accanto all’indirizzo scientifico, ci sono l’istituto tecnico delle relazioni internazionali e un’ultima quinta del liceo linguistico, che potrebbe ripartire con le prossime iscrizioni. Si sta studiando anche la creazione di un liceo delle Scienze umane. "Abbiamo un referente per i disturbi dell’apprendimento e previsto un supporto all’orientamento prima che fosse richiesto dal ministero", continua il preside. Pochissimi i bocciati, molti proseguono gli studi all’estero - dagli Stati Uniti a Israele - o nei migliori atenei italiani. La scuola è paritaria. Quasi tutti gli studenti fanno parte della Comunità Ebraica perché sono obbligatorie lezioni di ebraico e di ebraismo: cinque ore in più in un programma già impegnativo. "Credo che imparare l’ebraico, che si legge da destra a sinistra, aiuti anche a sviluppare il pensiero divergente: allena ad avere elasticità così come l’approccio stesso dell’ebraismo, basato su domande". "La nostra è una comunità educante nella comunità. Spesso i ragazzi crescono insieme, già dalle primarie – aggiunge la professoressa Maknouz – ma per permettere loro una maggiore apertura siamo nella rete Ort con altre scuole internazionali, ebraiche e non solo. Organizziamo scambi, iniziative, summer school, partecipiamo a concorsi di divulgazione scientifica".
Ci sono borse di studio per consentire anche alle famiglie in difficoltà di frequentare la scuola paritaria e progetti di sostegno psicologico che sono stati potenziati dopo la pandemia. I risultati che spiccano quest’anno nella classifica di Eduscopio arrivano proprio dai primi maturandi del Covid: "Non li abbiamo lasciati soli, alla lontananza fisica abbiamo risposto con una vicinanza umana. Senza troppe lezioni frontali, che rischiano di allontanare, facendoli interagire di più". "La pandemia ha fatto da catalizzatore a processi che erano già in corso – sottolinea Camerini –: vediamo anche qui, come a livello nazionale, giovani più fragili che fanno fatica a gestire emozioni, carichi di lavoro, frustrazioni". A questo si è aggiunto il carico massiccio della guerra. A ricordarlo due camionette dei militari affacciate sulla via: c’erano già, sono entrate nella quotidianità degli alunni, ma il livello di allerta è salito. "Tutti i nostri studenti sono stati colpiti dalla situazione, come noi adulti. Abbiamo perso parenti o amici, un nostro ex allievo è stato ucciso durante l’attacco di Hamas – ricorda il preside –. Abbiamo visto crescere le fatiche, gli attacchi di panico, l’insonnia, ma stiamo cercando di dare risposte". È nato così un progetto in collaborazione con un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica, che si occupa di Psicologia dell’Emergenza "per aiutare i ragazzi, le famiglie e gli insegnanti a elaborare quello che hanno visto, sentito, provato", conclude il dirigente, senza dimenticare l’ultima grande prova di accoglienza: "Abbiamo aperto le porte nelle scorse settimane a cinquanta studenti, anche piccolissimi, arrivati da Israele, ora sono quasi tutti rientrati. Un’esperienza che ha dato tanto a tutta la scuola, creando legami forti, che resteranno nel tempo".