Il femminicidio di Fara Con l’auto nell’Adda annegò la compagna Condannato a 22 anni

Operaio di Vaprio uccise la convivente: le tenne la testa sott’acqua

Il femminicidio di Fara  Con l’auto nell’Adda   annegò la compagna  Condannato a 22 anni

Il femminicidio di Fara Con l’auto nell’Adda annegò la compagna Condannato a 22 anni

di Barbara Calderola

Ventidue anni di carcere per avere ucciso la compagna. È bastata un’ora di camera di consiglio ai magistrati di Bergamo per decidere di condannare Carlo Fumagalli, 50 anni, operaio tessile a Vaprio, che la sera del 19 aprile di un anno fa lanciò la propria auto nell’acqua dell’Adda, fra la cittadina del Milanese e Fara Gera, affogando volontariamente Romina Vento, 44 anni, convivente e madre dei suoi figli. Fumagalli, depresso e recentemente in cura, non accettava la fine della relazione. Lei voleva lasciarlo, lui aveva deciso che doveva morire. "Volevo ucciderla, ero pronto a morire con lei", aveva confessato. Erano le 21.30, quella sera era andato a prenderla al lavoro. Ma quando l’auto bianca, una Renault Scénic era finita dritta nell’acqua, Carlo aveva raggiunto la riva opposta e lei era morta affogata. Per accertarsi che non potesse salvarsi dal destino che lui stesso aveva stabilito, le aveva tenuto la testa sott’acqua e poi si era allontanato. A provare che non si fosse trattato di un incidente, anche l’analisi dell’auto: con la prima ingranata. L’Assise bergamasca guidata dal giudice Giovanni Petillo ha accolto in sostanza le richieste del pm, con la concessione delle attenuanti generiche. Fumagalli era in aula. Dritto in piedi fra i propri legali, Luca Bosisio e Carmelo Catalfamo, ha ascoltato la sentenza. A pochi metri da lui Sofia Venerina, madre di Romina, il fratello Luca e il primogenito Thomas, avuto da una precedente unione. Il giudice ha anche stabilito 250mila euro di provvisionale per ciascuno dei figli, 17 e 13 anni, più 100mila per la madre e 90mila per il fratello, tutti parti civili. Un abbraccio fra l’anziana donna e il figlio superstite ha sottolineato la lettura della sentenza.

"Noi non cercavamo vendetta ma giustizia per una ragazza dedita al lavoro e alla famiglia - ha detto la mamma -. Quando lei ha iniziato a dire di no, non è andata più bene. Cambiano i nomi ma i femminicidi sono tutti uguali. Per ora i ragazzi non chiedono del papà e noi non diciamo niente". "Rivedere il padre? I miei nipoti decideranno quando saranno maggiorenni", ha detto Luca, rispondendo alle domande dopo la decisione della Corte. L’operaio tessile, impiegato in una celebre ditta vapriese, dovrà intanto scontare la propria pena in cella.

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