
IL SIMBOLO L’Alfa Romeo sollevata in piazza Diaz e arrivata sui banchi dell’Istituto europeo di Design nei primi anni Ottanta Gli studenti collaboravano con l’azienda dell’automotive
Milano, 10 novembre 2017 - «C’è un'Alfa Romeo alla finestra». È mattina, il cielo di Milano è bianco e in piazza Diaz, al numero 6, un’auto altrettanto bianca si alza in cielo perché gli studenti del quarto anno di Industrial Design dello Ied devono metterci sopra le mani e studiano al secondo piano. Erano i primi anni Ottanta: l’Istituto Europeo di Design volava e sfornava progetti dal 1966, ma quel metodo rivoluzionario importato in città dal papà dello Ied, il sardo Francesco Morelli, continuava a sorprendere la routine milanese, dando dei forti scossoni. «Il sapere e il saper fare devono crescere insieme», ripete il fondatore da cinquant’anni tondi tondi. Mezzo secolo di progetti e di «rivoluzione permanente» che non sono sfuggiti neppure alla regina Elisabetta: nel 2000, in visita a Milano, indicò un punto sulla cartina e bussò proprio alle porte dello Ied per farsi guidare nel regno della creatività.
Un regno che oggi viene celebrato alla Triennale di Milano, in una mostra curata completamente dagli studenti “La luna è una lampadina: 50 anni Ied”, aperta fino al 29 novembre, che cambia ogni giorno interagendo con i visitatori, facendo loro esplorare la realtà aumentata o demolendo, con installazioni viventi, pregiudizi di genere e tabù. Progettano con il Comune la «Casa giusta», ospitalità solidale in chiave giovanile, disegnano le nuvole e accompagnano in un viaggio nel tempo, ma soprattutto nel futuro. La storica regola non si rompe fra progettisti e sognatori, sparsi nelle 11 sedi in tutto il mondo che hanno preso il via da piazza Diaz.
«Desidero consegnare al futuro uno Ied che pensa e che pone sempre al centro della propria riflessione gli studenti, il vero motore del nostro lavoro. Giovani da guidare in una galassia di opportunità, non solo quelle del proprio quartiere ma del mondo intero», ribadisce il presidente Morelli, festeggiando sì i 50 anni ma pensando ai prossimi 50. Hanno preso il volo dal quartier generale di Milano anche nomi eccellenti: dall’illustratrice Anna Laura Cantone, Premio Andersen nel 2003, che dopo essersi diplomata allo Ied e aver conquistato New York, Taiwan e Tapei, è tornata ed è salita in cattedra per insegnare Illustrazione per l’Infanzia - la sua matita ha dato vita a Zara Zebra e “colorato” anche fiabe come «Alice nelle figure» di Rodari (Emme edizioni) per poi animare film di animazione. Nel 1994 si diplomò allo Ied il fotografo cileno e danese, Manuel Claro, oggi direttore della fotografia anche per Lars von Trier.
Era seduto fra i banchi milanesi Emmanuel Babled, noto designer francese, laureato in Disegno Industriale nel 1989: fondò il suo primo studio all’ombra della Madonnina tre anni dopo per poi trasferirsi ad Amsterdam - con i suoi pezzi unici, in edizioni limitate, e con le sue perle di arredamento e illuminazione - e creare un ponte con Murano, dove lavora il vetro da oltre vent’anni, e con Carrara. Dall’Islanda arrivò un altro studente eccellente, Sigurdur Thorsteinsson, Chief Creative Officer di Design Group Italia. «La luna è una lampadina, attaccata al plafone, e le stelle sembrano limoni tirati nell’acqua», cantava Enzo Jannacci, citando Dario Fo, due anni prima della nascita dell’Istituto Europeo di Design nella loro Milano. «Guardare con gli occhi del designer vuol dire proprio questo – ricordano gli studenti di oggi, accogliendo i visitatori nel loro mondo e laboratorio permanente – capacità visionaria, intuizioni forti, progettualità e ironia».