Ruben
Razzante*
Ci si preoccupa spesso delle violazioni della privacy da parte dei mezzi di informazione o delle aziende. Siamo bombardati da pubblicità indesiderata e ci chiediamo come facciano gli operatori di telemarketing a procurarsi nostri dati personali per raggiungerci con varie forme di comunicazione, via telefono o via mail e perfino a casa con corrispondenza cartacea. La ragione è a volte più semplice del previsto. I soggetti pubblici e privati che utilizzano i nostri curricula lo fanno in maniera eccessiva e spropositata, senza preoccuparsi più di tanto di proteggere le informazioni in essi contenute. Dunque, può accadere che la colpa non sia delle aziende ma delle pubbliche amministrazioni. Il Garante della privacy nei giorni scorsi ha inflitto una sanzione di 10.000 euro a un Comune che continuava ad ospitare sul suo sito istituzionale un curriculum vitae di una persona che da tempo aveva cessato l’attività lavorativa in quell’ente. Chiunque poteva continuare a leggere il curriculum di quella persona e a ricavarne informazioni utili per altre finalità. Un conto sono i dati indispensabili per garantire la trasparenza amministrativa, ad esempio titoli di studio, esperienze professionali, competenze linguistiche o tecnologiche. Altra cosa sono l’indirizzo di residenza, il numero di cellulare, gli indirizzi di posta elettronica privati, il codice fiscale. L’interessato aveva fatto presente al Comune che la diffusione di quei dati avrebbe potuto comportare dei rischi per sé e per la sua famiglia. Il suo curriculum era rimasto disponibile on-line nella sua versione integrale e per un tempo prolungato, senza alcuna necessità, visto che quelle informazioni non erano più utili per le finalità iniziali. Il Comune aveva scaricato le colpe sulla società che gestisce il servizio informatico, ma l’Autorità ha chiarito.
* Docente
Diritto dell’Informazione
Università Ccattolica Milano