Gli estremisti piangono davanti al gip: "I like all’Isis? Solo un’opinione... credevamo ci fosse libertà di pensiero"

I difensori di entrambi gli egiziani arrestati con l’accusa di terrorismo chiedono per loro i domiciliari. Le prime perquisizioni a dicembre: "Non ci siamo resi conto che scrivere su Internet fosse un reato".

Gli estremisti piangono davanti al gip: "I like all’Isis? Solo un’opinione... credevamo ci fosse libertà di pensiero"

Gli estremisti piangono davanti al gip: "I like all’Isis? Solo un’opinione... credevamo ci fosse libertà di pensiero"

di Anna Giorgi

MILANO

"Non facciamo parte dell’Isis, mettevamo dei like soltanto alle azioni contro il regime siriano. I soldi versati alle donne, poi, erano una forma di beneficenza e le frasi contro Meloni erano solo una idea politica". Così si è difeso, davanti al gip Fabrizio Filice, Alaa Rafaei, 43 anni egiziano con cittadinanza italiana, finito in carcere due giorni fa insieme a Mohamed Nosair, 49 anni egiziano con permesso di soggiorno, per associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere.

Anche la difesa di Nosair è stata dello stesso tenore. I like alle stragi? "pensavamo ci fosse libertà di opinione". I due, secondo le indagini della Digos e della Polizia postale, coordinate dal procuratore Marcello Viola e dal pm Alessandro Gobbis, avrebbero portato avanti su gruppi online "una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell’Isis", oltre che finanziamenti per donne vedove di combattenti jihadisti. Il 43enne, assistito dall’avvocato Emanuele Perego che ha presentato istanza di domiciliari, sulla quale il gip si è riservato, ha sostenuto nell’interrogatorio che lui "mai e poi mai aveva in mente di fare azioni contro l’Occidente o l’Italia, perché io in Italia sto bene - ha detto - ci ho portato la mia famiglia, per me l’Italia è il Paese della libertà". Sulle presunte minacce on line contro Meloni, l’arrestato ha spiegato che erano solo "una forma di scherzo, di critica politica, perché l’Italia appunto è un Paese libero, non come l’Egitto". Sul presunto contatto con Sayad Abu Usama, "membro dell’Isis", a cui avrebbe inviato denaro, Rafaei ha detto che quell’uomo era solo il "tramite" che gli avevano indicato alcune "donne di un campo profughi per far arrivare soldi alle vedove e ai loro bambini come beneficenza".

E ancora: "Non sapevo che lui fosse dell’Isis". Ai due egiziani viene contestato di aver inviato circa 4mila euro in totale verso Yemen, Palestina, Siria, Libano ed Egitto. "L’ho fatto per donne e bambini", ha sostenuto il 43enne. "Usama non lo conoscevo, mi era stato solo segnalato come un tramite per l’invio del denaro dalle donne con cui aveva contatti on line", ha aggiunto. E ha insistito: "Non mi sono reso conto che fosse un reato mettere quelle cose on line".

Fino alle prime perquisizioni a suo carico dello scorso dicembre, quando ha saputo di essere indagato. "Da quel momento - ha chiarito il suo legale - ha smesso di frequentare quei siti estremisti, ai quali lo aveva avvicinato l’altro arrestato", ossia Nosair che, stando alle indagini, lo avrebbe indottrinato. Rafaei con uno scritto sul web avrebbe anche giurato fedeltà allo Stato islamico, ma sul punto, ha detto il difensore, "non gli sono state fatte domande". Il 43enne davanti al giudice, come riferito dal suo legale, "era stravolto, si è messo a piangere, perché pensa ai suoi tre figli minorenni e alla moglie". L’avvocato Perego ha presentato istanza di scarcerazione e di domiciliari al gip.

mail: anna.giorgi@ilgiorno.net

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