STEFANIA TOTARO
Cronaca

Giustizia in cortocircuito. Processo per direttissima ma l’imputata è latitante

In manette per rapina a un supermercato e per aver aggredito i carabinieri. I militari, non riuscendo a rintracciarla, si sono presentati da soli in Tribunale.

Arrestata per avere aggredito i carabinieri intervenuti dopo una rapina al supermercato, la Procura la mette ai domiciliari in attesa del giudizio, ma lei evade e da latitante viene processata per direttissima. E come misura cautelare riottiene la detenzione nella casa da cui è scappata. Il cortocircuito giudiziario è andato in scena ieri mattina al Tribunale di Monza, dove mai era accaduto che si celebrasse il rito direttissimo, ossia il processo per chi viene arrestato in flagranza di reato, nei confronti di un imputato di fatto invece latitante. Davanti al giudice monzese i carabinieri dovevano accompagnare una 52enne residente a Sesto San Giovanni, finita in manette a San Silvestro per avere rapinato, armata di un coltello, un supermercato del posto dove aveva fatto la spesa. E per avere aggredito i militari intervenuti. La donna ha quattro pagine di precedenti penali, per reati contro il patrimonio e contro la persona, e per alcuni di questi è stata assolta per incapacità di intendere e di volere al momento del fatto. La 52enne risulta in cura al Centro psico-sociale e vive da sola in un appartamento sestese.

Quando ieri mattina i carabinieri si sono presentati a casa della donna, dove il pm monzese l’aveva messa agli arresti domiciliari in attesa della direttissima, la 52enne non c’era. E non rispondeva neanche al telefono. Evasione. I militari, che non sono riusciti a rintracciarla, si sono presentati da soli in Tribunale a Monza per un curioso rito senza imputata. Il giudice ha comunque convalidato l’arresto per resistenza a pubblico ufficiale, rinviando al 20 gennaio il processo nel merito delle accuse e ha deciso di applicare una custodia cautelare alla donna ritenendo la misura "a tutela della collettività" tenendo conto della "pericolosità sociale" della 52enne. Che, probabilmente, vista la sua condizione mentale e la sua fedina penale, non risulta essersi macchiata finora di reati talmente gravi da giustificare la detenzione in carcere e nemmeno uno dei pochissimi posti in lista d’attesa per le strutture psichiatriche il cui numero in tutta Italia è davvero limitato dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Forse è per questi motivi che la Procura ha chiesto, come misura cautelare per la donna, ancora gli arresti domiciliari e il giudice non poteva scegliere una misura più pesante.